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La capacità di stupirsi come apertura al nuovo

"L'unica cosa di cui abbiamo bisogno per diventare filosofi è la capacità di stupirci.Tutti i bambini ce l'hanno. Ci mancherebbe altro...Eppure mano a mano che crescono, questa capacità di stupirsi sembra attenuarsi". Così scriveva Gaarder Joestein nel suo romanzo filosofico Il mondo di Sofia un successo editoriale da venticinque milioni di copie tradotto in cinquanta lingue.
Stupirsi di fronte agli eventi, dubitare, domandare, indagare è dischiudere un passaggio, andare oltre, aprirsi al nuovo, sviluppare l'intelligenza.
La domanda impone una pausa; impone a riflettere. E dal pensiero nasce un altro mondo, controcorrente, alternativo.
I bambini, scrive Gaarder Joestein, sanno ancora chiedersi perché.
E noi adulti sappiamo interrogare e interrogarci o siamo ancorati ai nostri punti di vista e ci caliamo sulle persone e sulle situazioni con i nostri punti di vista?
E se prestassimo più attenzione? Se ascoltassimo di più coloro che pensiamo non abbiano niente da dirci, come ci  ricorda Walter Omar Kohan?
Immersi nel vivere caotico con tempi e modi da cui non possiamo, non vogliamo o non sappiamo sottrarci, prestiamo ascolto  ai  nostri pensieri?
Quanto "l'adultità" ci avvolge?
E la scuola, rigida nella trasmissione dei contenuti curricolari, riesce a fornire gli strumenti per avviare quei processi di pensiero che portano al criticismo, alla capacità di formulare idee?
Filosofare è indagare, alimentarsi di un enigma, del mistero di ciò che siamo e di ciò che potremmo essere. Avere paura di porcelo è avere paura di noi?
Eppure, è proprio attraverso le domande che aumentano le nostre convinzioni del "potere" e del "posso" in modo da orientare le nostre azioni nella direzione dei nostri bisogni.




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