Passa ai contenuti principali

Io sono Dio di Giorgio Faletti.

“Di solito la gente abbinava alla deturpazione fisica una propensione alla malvagità direttamente proporzionale. Senza riflettere che il male per nutrirsi deve essere seducente, accattivante. Deve attirare a sé il mondo che ha intorno con la promessa della bellezza e la premessa del sorriso. E lui ora si sentiva come l'ultima figurina mancante per completare l'album dei mostri.”


Otto minuti: il tempo che basta ad un uomo per far innescare la bomba che da lì a poco esploderà con fragore gettando la notte sugli uomini dell intera città di New York. Lo ritiene un suo potere, un suo dovere, un suo volere (lui è Dio) ma in verità è solo il freddo delirio, di una mente malata nel considerare il suo gesto
Così un reduce della guerra del Vietnam ormai sfigurato nel corpo e nell’anima, guardato con disgusto e curiosità dalla gente decide di vendicarsi col mondo, con quel mondo che gli aveva lasciato solo la sua ombra e otto passi, quelli necessari per compiere la sua vendetta.
"Buona Fortuna Wendell" con questa frase era stato congedato e "che in realtà voleva dire cazzi tuoi caporale".
Wendell Johnson questo risulta essere il suo nome; ma il vero Wendell è morto e la sua identità è stata rubata da chi ha manie distruttive. Il suo strumento di vendetta è il Naplam, gli edifici da far esplodere sono invece il suo bersaglio, l'oggetto della vendetta. 
E quando anche questo Wendell  muore, chi finirà il lavoro già iniziato?
Seguendo scia di attentati dinamitardi che scuotono la Grande Mela, il  "giornalista" (anche se lui stesso, nei momenti di lucidità, non ama definirsi tale) Russel Wade entra in possesso di una pagina del documento-eredità che sembra aver  scatenato tanta follia e che potrebbe interessare alla polizia per la soluzione del caso.
Un po’ per caso, un po’ per scelta sua personale, decide di rivolgersi  a Vivien, una grande detective...


In un giallo che si rispetti, scrisse Van Dine  nella regola numero 15: "La soluzione deve essere sempre evidente, ammesso che vi sia un lettore sufficientemente astuto per vederla subito. Se il lettore, dopo aver raggiunto il capitolo finale e la spiegazione, ripercorre il libro a ritroso, deve constatare che in un certo senso la soluzione stava davanti ai suoi occhi fin dall'inizio, che tutti gli indizi designavano il colpevole e che, se fosse stato acuto come il poliziotto, avrebbe potuto risolvere il mistero da sé, senza leggere il libro sino alla fine. Il che - inutile dirlo - capita spesso al lettore ricco d'istruzione".
Purtroppo in Io sono Dio di Giorgio Faletti  questa regola non è stata rispettata.
Non c'è alcun indizio nello svolgimento del testo che possa portare il lettore ad individuare  l'assassino fino a quando questo viene rivelato dall'autore alla conclusione della storia.
Un buon giallo prevede infatti che l'autore dissemini la storia di piccoli particolari apparentemente casuali che dovrebbero portare un lettore accorto o comunque avvezzo al genere, a individuare il colpevole anzitempo o quantomeno, una volta svelato dall'autore, a chiedersi come mai non ci fosse arrivato lui per primo.
Nulla di tutto questo... Il finale vien liquidato, sebbene con arte, con poche parole e spiegazioni che stravolgono il lettore  impossibilitato fino ad allora anche solo ad intuirle. Nessun feedback. Nessun aggancio. Un mero dato di fatto. Sembra quasi poter dire: "confezionato e concluso in fretta, insomma, pronto per la stampa".







Titolo: Io sono Dio
Autore: Giorgio Faletti
Casa editrice: Dalani Editore
Prezzo: € 20,00


Scopri chi era Van Dine e il perché delle sue regole cliccando qui.

Commenti

Post popolari

L'infanzia nel medioevo e nell'età moderna

Tra gli avvenimenti più significativi dell'età moderna, l'invenzione della stampa, le rivoluzioni politiche, l'ascesa della borghesia, la rivoluzione scientifica, c'è la scoperta dell'infanzia. Philippe Ariès, storico francese in un suo libro pubblicato nel 1960, ha sostenuto che l'infanzia nasce con l'età moderna. L'infanzia nelle classi agiate comincia ad essere considerata con il Rinascimento e si afferma nel XVII secolo. Nei dipinti medioevali, per esempio, i bambini erano ritratti come piccoli adulti,  con gli stessi abiti e persino lo stesso volto. Non erano mai raffigurati da soli segno che la loro individualità non è contemplata. Nella festa selvaggia di Brueghell i bambini mangiano e bevono in mezzo a uomini e donne che si rincorrono senza controllo. É solo in età moderna  che compaiono i primi ritratti di bambini, da soli o in gruppo e con sembianze infantili, mentre giocano fra loro. Dunque nel medioevo l'infanzia era sostanzialmente ign

La filosofia è necessaria: il metodo zetetico.

Secondo il detto kantiano per cui "la filosofia non si può insegnare: si può solo insegnare a filosofare", la filosofia deve avviare l'allievo all'esercizio delle capacità razionali partendo dall'esperienza quotidiana, dall'analisi dei problemi che nascono dalla vita, dal rapporto quotidiano con il mondo, e interpretarli come questioni più generali. Una interrogazione continuamente rinnovantesi sui problemi dell'esperienza umana questa deve essere la logica d'insegnamento del filosofare che si arricchisce attraverso lo studio dei classici e il dialogo con gli autori del passato. Questo è il metodo zetetico (da zetesis = indagine) auspicato da Kant. Seguendo questo metodo, l'insegnante di filosofia, nella scuola, potrebbe decidere di trattare una sola tematica, magari partendo da una ricerca aperta sui problemi rilevanti per il mondo giovanile, con le finalità di guidare i discenti all'esercizio del pensiero critico fino a un ampliamento

Romeo e Giulietta : quando l'amore incrocia l'ombra della morte.

Romeo e Giulietta è, insieme all'Amleto, la più rappresentata delle tragedie shakespeariane, e probabilmente la prima a essere rappresentata fuori dai confini del Regno Unito, nel 1604 in una città della Baviera (Germania). Il Globe, vero teatro shakespeariano, sarebbe stato costruito  nel 1598  e la compagnia di fiducia del Bardo, la Lord Chamberlain’s Men (servi del Lord Ciambellano), mise in scena la tragedia (1597) con probabilità al The Curtain  teatro londinese a quel tempo molto in voga nel sobborgo di Shoreditch, una zona anarchica, selvaggia, ma anche incredibilmente gioiosa. All’epoca gli spettacoli erano annunciati da una didascalia posta all’ingresso del teatro accompagnata da uno stendardo: nero per le tragedie, bianco per le commedie e rosso per le rappresentazioni storiche.  Shakespeare era alla sua prima tragedia, e la tragedia non era ancora il suo forte.   La trama di Romeo e Giulietta non era una novità  perché  l’autore si era ispirato a The tragical histo