La nostra vita è un viaggio, che alcuni trascorrono in barca, altri per strada, finché non invecchiano i cavalli del loro carro. Non è la strada la nostra vera dimora? Lo mostrano i poeti d’un tempo che hanno incontrato la morte camminando.
Matsuo Bashō è
ritenuto dalla maggior parte dei giapponesi il più fine scrittore di haiku e il loro massimo poeta. Di lui sappiamo che era un samurai in un’epoca in cui
questo era poco più di un vuoto titolo onorifico. Ebbe la fortuna di essere al
sevizio di un ricco signore che gli trasmise la sua passione per lo haiku e
quando questi morì, all’età di ventidue anni Bashō entrò in un monastero per
poi trasferirsi a Kyoto e perfezionarsi nell’uso della forma-haiku. Instancabile,
cominciò a viaggiare da un capo all'altro del Giappone e ad approfondire l’estetica
Zen di cui i suoi versi cominciarono a
rispettare il distacco, l’abbandono di ogni emozione personale lasciando
ad immagini obiettive il compito di suggestionare il lettore.
Un antico stagno
Vi salta una rana
Il suono dell’acqua.
Ingannevolmente semplici,
questi versi, che descrivono indubbiamente un evento reale, inaugurano una nuova forma di
letteratura Zen e in seguito lo haiku non fu più lo stesso. Bashō dovette accantonare,
anche solo per un istante, tutte le sue facoltà interpretative e lasciare che
la mente diventasse tutt'uno con l’ambiente circostante, che operasse istintivamente
registrando l’immagine da lui percepita.
Consapevole dell’inesprimibile verità dello Zen, e cioè che tutto ciò che è transitorio è parte dell’eterno, Bashō, nello statico e atemporale antico stagno, dissolve l'effimero, il salto di una rana, il suono dell'acqua e come scrive Thomas Hoover nel libro Cultura Zen, “Sorprendendo il momentaneo nella sua precisa collisione con l’eterno ha potuto produrre una istantanea del meccanismo che scatena l’illuminazione Zen, sicché un haiku perfetto non è sull'illuminazione Zen ma è quel momento cristallizzato nel tempo e pronto a essere liberato nella mente del lettore".
Consapevole dell’inesprimibile verità dello Zen, e cioè che tutto ciò che è transitorio è parte dell’eterno, Bashō, nello statico e atemporale antico stagno, dissolve l'effimero, il salto di una rana, il suono dell'acqua e come scrive Thomas Hoover nel libro Cultura Zen, “Sorprendendo il momentaneo nella sua precisa collisione con l’eterno ha potuto produrre una istantanea del meccanismo che scatena l’illuminazione Zen, sicché un haiku perfetto non è sull'illuminazione Zen ma è quel momento cristallizzato nel tempo e pronto a essere liberato nella mente del lettore".
Tumulo trema pure!
La mia voce
gemente
Il vento d’autunno
Scritto sulla
tomba di uno dei suoi allievi più cari, questo haiku non tradisce emozioni, si
ha solo un confronto tra la voce gemente del poeta, cosa transeunte, e l’eterno
vento d’autunno, eppure coinvolge il lettore.
Con Bashō lo haiku
rivela un istante di sublime consapevolezza e lo trasmette senza fronzoli,
senza commenti e le immagini trasmesse non sono solo momenti della vita del
mondo ma anche allusioni al non fisico, a verità ben più profonde. Con lui lo
haiku raggiunge i suoi massimi livelli e diviene la suprema forma poetica del
Giappone.
Per la stesura di questo post si è fatto riferimento a Cultura Zen di Thomas Hoover.
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