Il petalo cremisi e il bianco di Michel Faber ci trasporta nella Londra vitttoriana con le sue contraddizioni. Una tra queste riguardava la rigida morale borghese e la prostituzione.
Nell'immaginario popolare, elemento immancabile nella misteriosa Londra vittoriana, oltre alle innumerevoli fumerie dell'oppio, luoghi di perdizione ampiamente descritti da autori quali Conad Doyle, Charles Dickens, Oscar Wilde, ritroviamo i tanti bordelli che costeggiavano ogni angolo della Londra oscura.
L'enorme presenza di
prostitute che si registrò in epoca vittoriana può essere letta con una duplice valenza: da
un lato considerando le condizioni di estrema indigenza che portavano le donne a vendersi agli uomini per poter sopravvivere, dall’altro considerando la domanda sempre crescente da parte di uomini insoddisfatti nella loro mascolinità, infelici nella vita coniugale e repressi nelle pulsioni
I gestori delle case chiuse si chiamavano ruffiani; essi contrattavano anticipatamente il prezzo delle prestazioni con i clienti, per lo più uomini altolocati, anche se non mancavamo uomini di ogni estrazione e grado. La prostituta, contattata dal ruffiano, compariva solo in un secondo momento e aveva l'obbligo di scambiare solo poche parole con il cliente, il suo compito era quello di soddisfare ogni sua richiesta poiché il compenso era già stato liquidato. A volte capitava che le prostitute, non avendo nessun posto dove andare dopo la prestazione vivessero in affitto dal ruffiano, il quale oltre allo sfruttamento fisico le ricattava anche a livello psichico intimando loro che se non avessero eseguito i suoi ordini sarebbero state buttate per strada ed esposte ai più svariati pericoli e violenze.
Le prostitute più fortunate e intraprendenti invece vivevano in “case alloggio”, bordelli organizzati dallo Stato, in cui si autogestivano le tariffe e le prestazioni.
I gestori delle case chiuse si chiamavano ruffiani; essi contrattavano anticipatamente il prezzo delle prestazioni con i clienti, per lo più uomini altolocati, anche se non mancavamo uomini di ogni estrazione e grado. La prostituta, contattata dal ruffiano, compariva solo in un secondo momento e aveva l'obbligo di scambiare solo poche parole con il cliente, il suo compito era quello di soddisfare ogni sua richiesta poiché il compenso era già stato liquidato. A volte capitava che le prostitute, non avendo nessun posto dove andare dopo la prestazione vivessero in affitto dal ruffiano, il quale oltre allo sfruttamento fisico le ricattava anche a livello psichico intimando loro che se non avessero eseguito i suoi ordini sarebbero state buttate per strada ed esposte ai più svariati pericoli e violenze.
Le prostitute più fortunate e intraprendenti invece vivevano in “case alloggio”, bordelli organizzati dallo Stato, in cui si autogestivano le tariffe e le prestazioni.
All'interno dei bordelli le prostitute più ambite erano le vergini. Questa tendenza portò ad una vera e propria compravendita di bambine che le famiglie più
povere cedevano ai ruffiani o ai bordelli in cambio di cifre che potevano sfiorare anche le
400 sterline se i malcapitati avevano meno di 12 anni. I bambini erano inoltre
molto richiesti perché si riteneva che non fossero portatori di quelle malattie veneree come la gonorrea e la sifilide, diffusissime in età vittoriana, e
inoltre perché alcune credenze popolari ritenevano il rapporto sessuale con un
bambino curativo di queste patologie. Le malattie veneree divennero il vero e proprio incubo dell' Inghilterra di fine '800 poiché dagli
utenti delle prostitute si diramavano tra le mogli e i figli, creando
scandali nell'alta società ed un alto tasso di mortalità della popolazione. I
medici vittoriani in prima istanza sottovalutarono l'enorme proliferare di
queste patologie, relegandole a fenomeno dei “bassi fondi”, ma quando i sintomi
e la mortalità divennero innegabili anche tra i borghesi e la nobiltà, si
ricorse nel 1864 a promulgare una legge apposita secondo la quale potevano
essere fermate ed obbligate ad essere visitate le prostitute sospette di essere
infette. In caso di accertata malattia, venivano relegate per 3 mesi in un
ospedale militare, in cui erano curate in stato di detenzione.
Commenti
Posta un commento