Dare
una spiegazione del concetto di personalità è molto difficile e davvero molto
complicato. Per definizione possiamo affermare che "è l’insieme del nostro modo di essere, di
agire, di pensare che assicura una certa coerenza, stabilità e progettualità
alle relazioni dell’individuo con il mondo". È ciò che ci rende
unici e diversi da chiunque altro, ma è anche quello che possiamo avere in
comune con altri. È qualcosa che permette di distinguerci da qualcuno e di
riconoscersi per affinità con qualcun altro. Etimologicamente il termine
personalità deriva da “personam”, ossia la maschera che gli attori
romani indossavano durante le rappresentazioni teatrali, quindi un artefatto per
identificare qualcosa di nascosto e non direttamente osservabile. A volte si
associa la personalità con i termini di carattere o temperamento. Può capitare,
per esempio, che di fronte a qualche difficoltà nel cambiare modo di pensare o
di agire si evochi il concetto di carattere come qualcosa di immodificabile ed
innato: “il carattere non lo puoi cambiare, se uno nasce tondo non può
diventare quadrato”; o nel caso della fine di una relazione interpersonale si
dica “avevamo caratteri incompatibili”. Inoltre è frequente sentire parlare di
persone con un temperamento calmo, o aggressivo, o irascibile, lasciando
intendere che il temperamento è una modalità relazionale valutabile moralmente
ed eticamente. Infine si può sentire definire la
personalità forte o debole, dominante o succube,
espansiva, introversa. Ma la personalità è qualcosa che non dipende
da un unico fattore. Non è unicamente determinata dalla genetica. Non è
unicamente determinata da come siamo stati allevati. Non è unicamente
determinata dall’esperienza. Piuttosto è la somma di questi tre
fattori: fattori temperamentali (genetica), sviluppo (come ci hanno cresciuto)
ed esperienza sociale. Quindi possiamo tranquillamente affermare che oggi il
termine personalità viene usato in modo cosi ampio da non poter essere riferita
un qualunque costrutto teorico. Infatti, secondo alcuni teorici spiegare la
personalità significherebbe spiegare i meccanismi che interessano l’inconscio;
per altri significherebbe registrare l’atto comportamentale e ricercare le
condizioni che l’hanno prodotto; secondo altri ancora, vorrebbe dire definire i
tratti e analizzarne le cause biologiche. E comunque con gli approcci teorici
non finiremmo qui. Ognuna di queste definizioni riflette una particolare visione
della natura umana e privilegia lo studio di determinati fenomeni. Quanto mai attuale è quello che Allport, cinquant’anni fa, scriveva e cioè che: “alcune definizioni della psicologia della personalità mettono l’accento sull’esperienza, altre sul comportamento, altre sulle relazioni psicofisiche, alcune sui
processi consci, altre sull’inconscio, altre sulla natura umana, poche, poche
sulla totalità dell’esperienza psichica dell’uomo”.
Tra gli avvenimenti più significativi dell'età moderna, l'invenzione della stampa, le rivoluzioni politiche, l'ascesa della borghesia, la rivoluzione scientifica, c'è la scoperta dell'infanzia. Philippe Ariès, storico francese in un suo libro pubblicato nel 1960, ha sostenuto che l'infanzia nasce con l'età moderna. L'infanzia nelle classi agiate comincia ad essere considerata con il Rinascimento e si afferma nel XVII secolo. Nei dipinti medioevali, per esempio, i bambini erano ritratti come piccoli adulti, con gli stessi abiti e persino lo stesso volto. Non erano mai raffigurati da soli segno che la loro individualità non è contemplata. Nella festa selvaggia di Brueghell i bambini mangiano e bevono in mezzo a uomini e donne che si rincorrono senza controllo. É solo in età moderna che compaiono i primi ritratti di bambini, da soli o in gruppo e con sembianze infantili, mentre giocano fra loro. Dunque nel medioevo l'infanzia era sostanzialmente ign
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