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Sorelle di carta di Cristiana Pezzetta

"E penso che non voglio diventare grande se questo significa uccidere per invidia i sogni degli altri. O peggio annientare tutto al servizio del tuo unico sogno, come fanno i miei"


Costanza ha quattordici anni e, nonostante seno, sedere e gambe siano cresciuti in modo esagerato, si sente trasparente; incapace di fare da sè anche sbagliando.
Figlia di un archeologo per mesi lontano da casa, e di una biologa "annientatrice di virus"(Debella Debellis alias Principessa Laprecisina, all'occorrenza capace di trasformarsi in Strega Sputaveleno), Costanza è sempre arrabbiata. Non le piace il quartiere in cui abita, la scuola che frequenta e soprattutto il modo in cui la madre le organizza le vacanze estive: corsi di surf, danza, circo, tennis, inglese, ecologia "e chi più ne ha più ne metta. Basta stare fuori dai piedi".
Quando al termine dell'anno scolastico scopre di essere stata promossa, nonostante alcune lezioni marinate, Costanza crede che sia arrivato il momento di prendere in mano la sua vita. Passerà l'estate al mare con la sua migliore amica Caterina, e magari riuscirà anche ad approfondire l'amicizia con Luca, un ragazzo del terzo, che le piace tanto, e che suona in una band. Ma suo padre, memore di una promessa fatta e non ancora mantenuta, decide di portarla in Siria a dispetto di notizie poco rassicuranti sulla sicurezza che giungono da quel Paese. Costanza non riesce, non può sottrarsi. Le parole amplificate del Muezzin che alle 4:45 del mattino richiama alla preghiera, un caldo asfissiante, loculi al posto di camere da letto, la Siria a Costanza si presenta così:
"Confini  invisibili e occhi indiscreti a controllare ogni singolo movimento".
La nuova realtà "ai confini del mondo", nella quale un destino che sembra non appartenerla e un Dio che si disinteressa a lei l'hanno catapultata, le sembra fatta solo di mura, cancelli, "assurde restrizioni", divieti, dell'imperativo categorico: "non destare attenzione".
E le persone: "fantasmi in un tempo immobile, nella ripetizione di gesti privi di vita".
L'unico conforto in questo ambiente distante è la musica.
Ma, oltre il muro del silenzio e del preconcetto, la vita pulsa tra i cortili, per le strade del villaggio, attorno al forno che cuoce all'aperto, sulle terrazze -"pedane piantate ai confini del cielo per prendere il volo"- tra panni dai colori sgargianti che al vento si agitano a fare da vele.  
La vita scorre veloce anche in Aima, sua coetanea, nei suoi ricci, negli occhi grandi e pieni di sole, nei disegni, tutti a matita, ma "vivi come se fossero pronti ad uscire fuori".
Improvvisamente un giorno, Costanza si rende conto che Aima non è solo una ragazza siriana piombatale accanto per farle trascorrere meglio il suo tempo, ma una ragazza in carne e ossa che, come lei, ha emozioni, curiosità, preoccupazioni. Come lei, anche Aima vuole definire i contorni della sua esistenza, vuole essere libera di rincorrere i suoi sogni. Ma, nel regno del silenzio, in Siria, si alzano voci di dissenso, che chiedono la fine di un regime repressivo e corrotto. Per strada dimostranti e contro di essi armi da fuoco, esercito, carri armati: "se la guerra, se l'esercito, se la rappresaglia, se..., se...se...". 
Costanza deve tornare a casa; si sente sconfitta e impotente contro qualcosa che minaccia di trasformarsi in un gigante e che rischia di schiacciare Aima e la sua famiglia, di privare Aima dei suoi sogni.
Ecco allora che le foto, che  ha scattato in Siria, qua e là, per gioco e per passione, trasgredendo divieti, ignorando ammonizioni, rischiando di mettere a repentaglio la sicurezza degli altri, diventano un grido di dolore perché è importante sentire e far sentire il dolore degli altri.

È scritto in prima persona il libro di Cristiana Pezzetta, Sorelle di carta, immediato, avvolgente, interessante già nella sua veste grafica. Un libro per ragazzi, ma che può diventare un punto di riferimento per i genitori incapaci, molto spesso, di decodificare i messaggi che vengono loro inviati dai figli.
È uno specchio in cui riflettersi durante il naturale processo di costruzione dell'identità, di riconoscimento del sé nel confronto con l'altro; è una finestra da cui vedere una realtà socio-culturale diversa da quella sperimentata quotidianamente.
Nell'era dei social network e del crescente utilizzo dei media digitali che inevitabilmente stanno modificando il concetto stesso di "relazione", Sorelle di carta, è un invito a seguire la "direzione del cuore", a "saper ascoltare e lasciarci coinvolgere", perché le vite degli altri, "anche di persone sconosciute, che vivono magari dall'altra parte del pianeta, hanno un senso e un peso che va rispettato."
Titolo: Sorelle di carta
Casa editrice:  Mammeonline
Autore: Cristiana Pezzetta
Prezzo: € 9,00
Illustrazione di Antonio Boffa.
Età di lettura : + 9 anni












Cristiana Pezzetta è nata e vive a Roma. Per molti anni ha scavato storie nella storia, lavorando come archeologa da campo in Medio Oriente. Da sempre onnivora divoratrici di libri, ha poi cominciato a scrivere e ad amare la letteratura per l’infanzia, collaborando con EditoriaRagazzi.com e BookAvenue.com. Ha fondato con Gioia Marchegiani l’associazione Semidicarta che realizza laboratori di archeologia, disegno, pittura e promozione alla lettura in scuole, biblioteche e librerie. Nel 2013 ha vinto il primo premio al concorso Syria Poletti – Sulle ali delle farlalle, con l’albo Nadeema e Shair, illustrato da Gioia Marchegiani. Sempre nel 2013 ha vinto il concorso Raccontami Etor, con il testo Etor nel Paese delle carabattole salvate, di prossima pubblicazione. Per la Casa Editrice Mammeonline è anche una delle autrici di Chiamarlo amore non si può.

Cristiana, gentilmente, ha accettato di rispondere alle mie domande; conosciamola meglio attraverso questa intervista.
Buongiorno Cristiana e benvenuta sull'Isolachenonc'è.

Buongiorno a te, e grazie per avermi invitata.

Quando hai deciso che saresti diventata una scrittrice per ragazzi, e com'è nato Sorelle di carta?

Non l’ho mai deciso in verità, e la strada è ancora lunga e in profonda evoluzione. Da piccola mi chiudevo in una stanza e mi raccontavo storie da sola, a volte reinventando quelle che mi leggeva mia madre. Mi piaceva costruire altri mondi, più o meno fantastici, con tanto di protagonisti, personaggi e trama, quello era il mio mondo, solo mio, come fanno quasi tutti i bambini. Ma non ho mai pensato veramente di scrivere storie che altri potessero leggere. Poi da grande ho seguito un’altra strada, un altro mio grande amore, l’archeologia, che ho praticato per molti anni, fino a quando mi sono resa conto che scavando nella terra frammenti di storia, lo facevo alla ricerca di altre storie. E questo poco si conciliava con la disciplina archeologica accademica; mi perdevo sempre troppo per strade tutte mie. Così sono tornata alle storie e ho cominciato a scrivere. Sorelle di carta è nato da questo incontro, l’archeologia e le storie, ma è anche e soprattutto un atto d’amore nei confronti di una terra, la Siria, e di un popolo, quello siriano, che mi ha accolto, nelle tante persone che ho avuto il dono di incontrare, con grande affetto e amicizia, offrendomi la possibilità di trovare una parte di me.

C’è un collegamento tra te e la protagonista del libro, Costanza? C’è qualcosa della Cristiana adolescente in lei?

No, o almeno non completamente: Costanza è una ragazzina molto diversa da come ero io, ma in lei rivedo il mio senso di inadeguatezza. Direi però che in ogni protagonista del libro c’è una parte di me: in Caterina la voglia di vivere la propria vita in modo spensierato; in Luca l’amore per una passione estranea al mondo dei suoi genitori; nella madre di Costanza la fatica di conciliare vita professionale e famiglia; in Aima il desiderio di sognare oltre ogni possibile realizzabile e in Luigi, il padre di Costanza, la passione per il suo lavoro che lo porta in alcuni momenti a mettere in secondo piano anche i suoi affetti più cari.

Il riconoscimento di sè passa attraverso l’altro e la possibilità di un più aperto dialogo culturale non può che arricchire. Eppure per molti sembra che sia più facile vivere inglobando gli altri nel proprio orizzonte di significato. Per paura forse?

Credo di più per educazione. Conoscere, e non solo in senso letterario, ci fa varcare la soglia di un’immagine magari stereotipata e pregiudizievole che ci siamo fatti nei confronti di una realtà diversa dalla nostra. Se ci fermiamo alla nostra idea ogni dialogo diventa impossibile. Ma i libri, come diceva Jella Lepmann, "sono educatori silenziosi". Perché i libri hanno un grande potere. Più leggiamo meno stranieri siamo a noi stessi e al mondo. Attraverso di essi possiamo viaggiare sia in senso geografico che in senso emotivo, interiore, identitario, e fare esperienze forti, vivendole in un certo senso, senza tuttavia doverle attraversare. Mi ha colpito molto al convegno su adolescenza e lettura, La sottile linea oscura, promosso da Hamelin e tenutosi a Bologna il 25 settembre scorso, ciò che diceva Melvin Burgess a proposito della censura sui film per ragazzi nel Regno Unito. Burgess diceva di come alcuni suoi libri, pubblicati con successo, non fossero diventati film perché sarebbero dovuti essere vietati. I suoi libri affrontano sempre, con disincanto e verità,  lati oscuri, realtà scomode per i grandi, ma reali e presenti nel mondo dei ragazzi. Lui si chiedeva quindi di cosa avessero paura gli adulti nel mostrare ai ragazzi storie di dipendenza dalle droghe, di prostituzione minorile, di violenza, di abbandoni e dolori profondi, paura forse che tutto questo potesse indurre emulazione? Ma in realtà la possibilità di vivere attraverso la storia di un film dovrebbe aiutare i ragazzi a prendere consapevolezza, a porsi domande, non semplicisticamente a fare altrettanto. Perché i ragazzi sono esseri umani pensanti e pensano in maniera profonda, nonostante il mondo degli adulti spesso non se ne accorga. La sua risposta era allora che i libri potevano avere invece ancora il potere eversivo di narrare senza vietare, perché il libro può essere un fatto intimo e può soprattutto essere nascosto al mondo degli adulti. E dunque il libro come strumento di eversione, autonomia, indipendenza e costruzione di sé attraverso il confronto con storie altre da quelle personali. Sono gli adulti che spesso hanno paura di affrontare certi argomenti con i ragazzi, i quali, sono sicura, apprezzerebbero di più la verità da parte del mondo adulto nel dire di non avere sempre tutte le risposte, piuttosto che il silenzio sfuggevole di chi non sa e non vuole mostrarlo. Credo che la costruzione di senso sulle difficoltà che ragazzi e adulti si trovano ad affrontare possa passare anche attraverso una co-costruzione, nella ricerca di nuove vie, mettendosi in discussione, perché il mondo che vivevamo noi non è quello che vivono loro e le nostre risposte non possono essere loro. Soprattutto credo che gli adulti debbano accettare l’idea che a volte le risposte i ragazzi possono trovarle anche da soli, e molto meglio di come faremmo noi.

Zygmunt Bauman sostiene che soprattutto i giovani trascorrono ore e ore dentro lo schermo. Sperimentano il mondo on-line e di fatto però vivono off-line, disconnessi dalla vita reale e dalle sue problematiche. Anche le relazioni sociali vengono gestite tramite liste di contatti che comportano meno rischi e fatiche delle relazioni “reali”. Forse è proprio questa la difficoltà maggiore che viviamo adesso: essere in grado di costruire amicizie vere?

E’ vero, i ragazzi di oggi sono nativi digitali, usano la rete in modo costante e capillare, a volte non sempre come un buon strumento. Ma non mi sento di dire che è la rete a portarli fuori dalle relazioni sociali, la rete è uno strumento, le difficoltà sono altrove, complesse e intersecate tra di loro, spesso generate dal mondo adulto. Anche gli adulti usano in modo inappropriato i social network e i gruppi in chat, basti pensare al tam tam dei messaggi su WhatsApp che si scambiano i genitori tra di loro per tutelare i bambini delle scuole primarie dal non aver scritto i compiti per casa, impedendo loro di essere responsabili delle proprie cose. Un esempio invadente e inappropriato, una violazione della libertà da parte del mondo adulto su quello dei bambini, che li priva anche della possibilità di sbagliare, impedendo loro di crescere. Inoltre credo che la velocità e l’accumulazione siano due aspetti che governano in modo spasmodico, secondo me, le vite degli adulti e quindi anche dei ragazzi: la loro vita è spesso super organizzata, come infatti è anche quella di Costanza, la protagonista del libro, dagli adulti che li vorrebbero fin da piccoli esperti in ogni tipo di competenza, per poter essere in grado di affrontare la vita adulta il più efficacemente possibile, e con risposte possibilmente già pronte. I bambini così fin da piccoli sono costretti a imparare il più velocemente possibile il numero maggiore di discipline. Quanti sono i bambini e i ragazzi oggi che hanno a disposizione un pomeriggio senza compiti e senza attività extrascolastiche? Quando ce lo hanno nella maggioranza dei casi sono soli, esattamente come Costanza e allora comunicano anche in modo virtuale. Ma ripeto, la crisi e lo sfaldamento della rete sociale di questo nuovo millennio ha radici complesse e di certo non sta né nella rete, né in questa generazione di giovani. Se così fosse sarebbe semplice e anche risolvibile.

Le antiche civiltà ci hanno lasciato in eredità meravigliosi tesori, ma noi siamo pessimi custodi. La Siria che in Sorelle di carta fa da sfondo al viaggio interiore di Costanza è fatta non solo di passato, ma anche di presente: donne, bambini, massacri, una guerra dimenticata. Oriente e Occidente: una frattura insanabile?

Il mondo virtuale della rete, che come ho detto è un strumento potente, può costituire anche per gli adulti una trappola e un limite. Spesso infatti grazie ad internet ingurgitiamo notizie che scorrono in modo veloce e generano solo superficiali opinioni. La Storia però si fonda sui fatti e su una ricerca puntuale delle fonti, che solo messe in sequenza e analizzate in un contesto storico di lunga durata possono restituirci un’idea possibile, anche se parziale, di ciò che sta accadendo nel mondo mentre noi parliamo. Per questo sono convinta che non esista uno scontro di civiltà, ma questo è quello che opinioni sommarie determinate da notizie sfuggenti tendono a costruire nell'opinione pubblica. E per questa ragione in fondo al libro Sorelle di carta ho voluto inserire consigli di lettura che possano aiutare ragazzi e adulti ad approfondire la conoscenza storico-politica della Siria a partire dalla metà dell’’800. Solo cercando più approfonditamente possiamo farci un’idea più estesa di cosa sta accadendo lì dal marzo 2011, quando una serie di manifestazioni pacifiche, che non avevano nulla a che fare con l’estremismo islamico, hanno dato finalmente voce ad anni di violazione dei diritti umani e delle libertà fondamentali di espressione da parte del regime ancora in forze in questo momento. L’Occidente allora e fino a pochi mesi fa ha preferito voltare lo sguardo altrove, lasciando che l’esercito regolare di Assad reprimesse nel sangue qualsiasi forma di protesta. Moltissimi attivisti siriani per i diritti umani sono stati incarcerati e torturati, alcuni hanno perso la vita, altri si trovano ancora sotto tortura. Queste informazioni non si trovano facilmente in rete, dove abbondano solo notizie shock, che non fanno altro che acuire quest’idea di un Occidente minacciato da un Oriente, che nulla hanno a che fare con il difficilissimo processo di crescita in senso politico e democratico di un paese come la Siria. Sul sito www.zebuk.it trovate un mio post con altri consigli di lettura per approfondire sulla Siria. Occorerebbe però più di un post per parlare di questo e non credo di essere io la persona più adeguata per farlo. Quindi se cercate ulteriori approfondimenti in rete, su http://www.sirialibano.com/short-news/grande-gioco.html troverete sempre ampia e accurata documentazione, anche dall'estero.

Si dice che si diventa scrittori perché si è stati lettori. Quali sono le tue letture preferite? C’è un libro in particolare che ti è nel cuore?

Ho letto e leggo molto, spesso in modo compulsivo. Anche da ragazzina mi piaceva leggere più di un libro per volta, non volevo mai rischiare di rimanere senza. Leggo di tutto, ovviamente molto di letteratura per bambini e ragazzi. Ho tantissimi libri del cuore, legati a momenti di vita diversi, ma il primo che ha realmente generato in me una profondissima immedesimazione e ha costituito il leitmotiv della mia vita è stato Il buio oltre la siepe, Harper Lee, un classico della letteratura per ragazzi, pubblicato negli Stati Uniti nel 1960, in piena segregazione razziale. Un libro forte, coraggioso, che narra le vicende di due fratelli, Jem e Scout in una strana famiglia guidata da un padre avvocato, che decide di prendere le difese di un ragazzo negro, accusato ingiustamente di aver violentato una ragazza bianca. Un libro intenso che ha nella voce narrante di Scout lo sguardo autentico di una ragazzina, che sa vedere oltre i pregiudizi del mondo dei grandi. Un libro che continuo a leggere sempre, aprendo a caso e a piccole dosi, come  fosse una medicina omeopatica, che mi consente di continuare a sperare, anche e di più nei ragazzi.

Potrebbe esserci una continuazione di Sorelle di carta?

Ci ho pensato per un brevissimo momento, ma preferisco ascoltare altre storie che mi bussano dentro.






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