Non
c’è giorno che non si legga nei giornali o che si ascolti attraverso i mass
media di casi di violenze sulle donne perpetrate da mariti, conviventi,
compagni di scuola, padri, uomini senza un briciolo di coscienza e di rispetto
verso la Donna in quanto tale. Ma ci sarà mai una spiegazione a tanta
brutalità? In realtà molteplici sono state le interpretazioni sulla ricerca
delle cause di tali comportamenti; interpretazioni che analizzano l'aspetto
psico-culturale altri che invece considerano la situazione socio-economica.
Collegando la violenza ad un fatto culturale ed educativo si può ritenere che i
fautori della violenza sono spesso uomini che sono stati educati nella violenza
o peggio ancora hanno assistito a vere e proprie brutalità sulle loro
madri. È stato infatti dimostrato che se un bambino o una bambina
assistono a violenza sistematica da parte di un genitore verso l’altro genitore
o verso un fratello o se essi stessi subiscono violenza, è più facile che poi
utilizzino la violenza quando si trovano in condizioni di stress (Straus,
1998). Dunque questa violenza nasce da un sentimento di
helplessness, ossia di impotenza, di fragilità, considerata
inaccettabile, alla quale si cerca di resistere picchiando. La violenza
per molti soggetti risulta essere il tentativo di controllare la depressione
derivata da sentimenti di umiliazione inaccettabili. Alcuni psicologi riducono
il tutto ad una questione di potere e di indebolimento dell'Io, cioè ad una
bassa autostima. Essendo dunque la violenza alimentata da un profondo retaggio culturale
maschilista che assegna all’uomo un ruolo predominante all’interno sia della
famiglia che della società, quando questo potere da parte dell’uomo non
viene più esercitato, vuoi perché la donna si rende indipendente dal punto di
vista lavorativo, vuoi perché socialmente l’uomo non si sente accettato e
soddisfatto che ecco scattare la violenza verso qualcuno che inconsciamente o
anche no si ritiene meglio di lui. Personalmente, in questo caso specifico
accanto ad un ruolo di potere si potrebbe ricercare un eventuale trauma che ha
condizionato l'uomo-bambino verso comportamenti violenti e dunque una giusta
terapia psicologica riuscirebbe a capire l'eziologia di tali comportamenti e di
conseguenza a curarli. Ma esistono anche casi in cui chi ha subìto
maltrattamenti da piccolo da adulto non li ripete, anzi solidarizza con le
vittime perché ha avuto la possibilità di elaborare la propria esperienza. Che
la cultura maschilista sia molto diffusa nel nostro paese è dimostrato
dal fatto che in molti settori lavorativi la donna viene ancora limitatamente emarginata; anche nelle consuetudini la cultura maschilista è presente basti pensare
ad esempio che la donna, il più delle volte, è condotta al matrimonio dal padre che la consegna allo sposo: dunque il passaggio da uomo a uomo. Tale retaggio
culturale si basa anche sul bisogno del possesso, la conquista diventa possesso
ed il non possedere diventa sconfitta davanti alla quale l'unico gesto che
gratifica è rimpossessarsi dell’ oggetto perduto. Sembra quasi che,
allora, chi sta male per la perdita dell'oggetto elabori in sè un costrutto
mentale, assolutamente patologico, che lo porta ad affermare: "Sei mia in
ogni caso e se non ti posso avere qui, nella vita terrena, nessuno dovrà
possederti". Da un punto di vista socio-economico è un luogo comune
ritenere che la violenza si consuma in condizioni di povertà e di disagio
sociale poiché è diffusa in ogni contesto sociale, senza distinzione di tipo
economico, culturale o razziale. I semi della violenza vanno dunque ricercati
nelle piaghe della società, nella difficile relazione tra uomini e donne, nell’educazione
genitoriale nonché negli stili di vita della società moderna. In molti casi le donne purtroppo non riescono ad
uscire da relazioni pericolose evitando
anche di denunciare il proprio aguzzino Donne che accettano la compagnia di
uomini violenti sviluppano nei loro confronti spesso relazioni di dipendenza. È
importante che la donna impari a riconoscere le situazioni rischiose, anche il
più piccolo segnale di violenza, (un urlo improvviso, un attacco di gelosia)
deve essere preso in considerazione ed interpretato come messaggio prezioso per
considerare un rapporto potenzialmente a rischio. L’amore di una donna non
cambia un uomo violento. Si cura con la piena consapevolezza del suo problema e
con il doloroso cammino psicoterapico.
Straus M.A (1998). The controversy over domestic violence by women: a methodological theoretical and sociology of science analysis
Per saperne di più: http://www.stateofmind.it/2012/05/femminicidio-psicologia/
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