Passa ai contenuti principali

La masai bianca: cronaca di un viaggio

JAMBO KARIBU KENYA BWANA
(Ciao, benvenuto in Kenya signore)
Queste sono state le prime parole swahili sentite e imparate appena messo piede a Mombasa (seconda città del Kenia, nonchè capoluogo di provincia).
Stavano in bella mostra in un cartellone all'aeroporto. Dopo una lunga notte di volo, dopo uno scalo a Zanzibar, finalmente, io e la mia compagna di viaggio atterrammo a Mombasa. L'aria calda e umida dei tropici mi avvolse l'anima e i colori accesi delle bouganvillee spontanee mi riempirono gli occhi di gioia e amore per quella terra tanto sognata.
Saliti sul pullman che ci avrebbe portati a Malindi,  riconobbi subito i luoghi tanto cari a Corinne, la città cosi suoi palazzi e baraccopoli, le macchie verdi e rigogliose della vegetazione. L'unica differenza era il ponte che univa le due rive della città, un ponte al posto di quel traghetto dove per la prima volta, Corinne vide il suo masai.
















Il nostro resort sorgeva sulla fascia costiera della cittadina di Malindi, in una meravigliosa spiaggia di coralli bianchi, sulla barriera corallina dell'oceano indiano.
Vicino, un piccolo villaggio tra gli arbusti (bush) dove decidemmo di  portare vestiario e medicinali portati dall'Italia e provviste acquistate nei piccoli duka (empori come quello di Lketinga del libro La masai bianca) di Malindi. Attraversando un viottolo nell'intricata foresta di baobab, palme, manghi e banani, mi sembrava di vedere Corinne che si avviava verso il torrente per andare a lavarsi e a fare il bucato. Fummo accolti dal capo villaggio che ci fece visitare le manyatte, capanne di fango, sterco e paglia, affumicate dal piccolo focolare interno, dove trovavano riparo per la notte sia gli abitanti che le magre mucche.



(Spedizione nel bush per donare viveri,  medicinali, vestiario, penne e quaderni).

I bambini festosi erano raccolti intorno ai bwana che gli avevano portato i doni proprio come Corinne il giorno dell'arrivo nel bush.
Dopo l'esperienza nel piccolo villaggio ciattendeva quellaa del safari nel parco dello Tsavo East. Attraversammo la savana sconfinata in torpedo, inalando polvere ora rossa, ora grigia, ora bruna. Le giraffe e gli elefanti mangiavano languidamente il fogliame di acacie e arbusti, pavoneggiandosi davanti ai nostri teleobiettivi. Il pomeriggio, scortati da un ranger, percorremmo alcune dune della savana e un piccolo canion dove guadammo, sempre a piedi, il Galana river, sino alle Lugard falls (delle piccole rapide formate dalla parte bassa del fiume ), ai piedi delle quali ci attendevano dei rangers per farci ammirare i placidi, ma pericolosi kibobo (ippopotami) immersi nel fiume. 
Il fiume  Galana è  il secondo corso d'acqua per lunghezza e portata del Kenya. La parte alta del fiume, Athi Galana, percorre villaggi e savana verso nord est formando delle cascate fino ad unirsi al fiume Nairobi. La parte inferiore, Galana Sabaki, attraversa il parco Tsavo fino ad unirsi al fiume Tsavo e formare le piccole rapide, Lugards Falls, per poi sfociare nell'Oceano Indiano

Un indigeno ci fece vedere come accedere un fuoco con sterco di elefante, sterpaglie ed un legnetto....e la mente andò' subito a Corinne che, senza elettricità e gas, ogni giorno doveva cucinare accendendo il fuoco a quel modo.

Intanto la mia amica aveva avvertito un malore ed era restata al campo tendato, lasciando a me e agli compagni di viaggio l'avventurosa scarpinata. Dopo aver ammirato uno spettacolare tramonto da cartolina,  rientrai al campo dove, ad attenderci, c'erano due masai, avvolti nel loro mantello rosso a quadretti neri, con i loro sandali di copertoni, arrivati al campo per la notte, per difenderci dai possibili attacchi di predatori notturni. Uno dei due aveva  lunghe treccine con le perline multicolore che gli scendevano sulle spalle, occhi grandi e luminosi,  proprio come il Lketinga descritto nel libro

(I nostri masai col drappo rosso, treccine, perline e sandali di copertoni)



Passai l'intera nottata sveglia, nella tenda con la mia amica in preda a febbre alta e ad una forte dissenteria, a diretto contatto coi masai che si presero cura di lei, con erbe e conoscenze ataviche. La febbre, calò per fortuna, e i due giovani masai presa confidenza, conversarono a gesti, in swahili o in inglese. Ci si capiva lo stesso, forse perché a muoverci era la voglia di conoscerci, di mettere a confronto due civiltà così diverse tra loro ma cosi vicine. L'emozione più forte fu quella di vedere la meraviglia nei loro occhi quando accostai alle loro orecchie le cuffie del mio lettore cd: non avevano mai sentito musica da una macchina parlante. Risero e ballarono quasi fino all'alba, quando, stremati, decidemmo tutti di riposare per qualche ora prima che il sole sorgesse


(I masai scoprono la musica e la tecnologia occidentale: sembra piacergli)

Il viaggio in Kenya è stato una delle esperienze più emozionanti della mia vita.
Quella notte mi sembrò di capire meglio le  emozioni provate da Corinne, emozioni così contrastanti che solo l'Africa coi suoi suoni e colori, coi suoi tramonti e magie può dare. Emozioni che portano il nome di Mal d'Africa, e non c'è cura, se non quella di vivere questo male, di buttarcisi dentro fino a diventare parte di quella terra rossa.

                                                                                                                                                   Tania
                           
                                                                              
Un po' di glossario kiswahili:

JAMBO= Ciao
RAFIKI= Amico
DUKA= Emporio, negozio
MATATU= Taxi
KIBOBO= Ippopotamo
NDOVU= Elefante
TWIGA=Giraffa
NAKUPENDA= Ti amo/ti voglio bene
MANYATTA=Capanna di sterco fango e paglia
BUSH=Boscaglia, sterpaglia
SAFARI= Viaggio
SANA= Buon/ buona
LALA SALAMA= Buonanotte
SIMBA=Leone
SWALA=Gazzella
ASKARI=Guardia, poliziotto










Commenti

Post popolari

L'infanzia nel medioevo e nell'età moderna

Tra gli avvenimenti più significativi dell'età moderna, l'invenzione della stampa, le rivoluzioni politiche, l'ascesa della borghesia, la rivoluzione scientifica, c'è la scoperta dell'infanzia. Philippe Ariès, storico francese in un suo libro pubblicato nel 1960, ha sostenuto che l'infanzia nasce con l'età moderna. L'infanzia nelle classi agiate comincia ad essere considerata con il Rinascimento e si afferma nel XVII secolo. Nei dipinti medioevali, per esempio, i bambini erano ritratti come piccoli adulti,  con gli stessi abiti e persino lo stesso volto. Non erano mai raffigurati da soli segno che la loro individualità non è contemplata. Nella festa selvaggia di Brueghell i bambini mangiano e bevono in mezzo a uomini e donne che si rincorrono senza controllo. É solo in età moderna  che compaiono i primi ritratti di bambini, da soli o in gruppo e con sembianze infantili, mentre giocano fra loro. Dunque nel medioevo l'infanzia era sostanzialmente ign

La filosofia è necessaria: il metodo zetetico.

Secondo il detto kantiano per cui "la filosofia non si può insegnare: si può solo insegnare a filosofare", la filosofia deve avviare l'allievo all'esercizio delle capacità razionali partendo dall'esperienza quotidiana, dall'analisi dei problemi che nascono dalla vita, dal rapporto quotidiano con il mondo, e interpretarli come questioni più generali. Una interrogazione continuamente rinnovantesi sui problemi dell'esperienza umana questa deve essere la logica d'insegnamento del filosofare che si arricchisce attraverso lo studio dei classici e il dialogo con gli autori del passato. Questo è il metodo zetetico (da zetesis = indagine) auspicato da Kant. Seguendo questo metodo, l'insegnante di filosofia, nella scuola, potrebbe decidere di trattare una sola tematica, magari partendo da una ricerca aperta sui problemi rilevanti per il mondo giovanile, con le finalità di guidare i discenti all'esercizio del pensiero critico fino a un ampliamento

Romeo e Giulietta : quando l'amore incrocia l'ombra della morte.

Romeo e Giulietta è, insieme all'Amleto, la più rappresentata delle tragedie shakespeariane, e probabilmente la prima a essere rappresentata fuori dai confini del Regno Unito, nel 1604 in una città della Baviera (Germania). Il Globe, vero teatro shakespeariano, sarebbe stato costruito  nel 1598  e la compagnia di fiducia del Bardo, la Lord Chamberlain’s Men (servi del Lord Ciambellano), mise in scena la tragedia (1597) con probabilità al The Curtain  teatro londinese a quel tempo molto in voga nel sobborgo di Shoreditch, una zona anarchica, selvaggia, ma anche incredibilmente gioiosa. All’epoca gli spettacoli erano annunciati da una didascalia posta all’ingresso del teatro accompagnata da uno stendardo: nero per le tragedie, bianco per le commedie e rosso per le rappresentazioni storiche.  Shakespeare era alla sua prima tragedia, e la tragedia non era ancora il suo forte.   La trama di Romeo e Giulietta non era una novità  perché  l’autore si era ispirato a The tragical histo