Alle 16.30 del 26 aprile 1937
gli aerei della Luftwalfe, nel corso della guerra civile spagnola, che vide
opporsi ai falangisti, guidati dal generale dell’esercito Francisco Franco, i
sostenitori della repubblica, scaricano bombe su Guernica, una cittadina dei
Paesi Baschi spagnoli. In un raggio di 10 km, l’aviazione tedesca semina il
terrore per 4 ore in un luogo che non ha importanza strategica. Guernica è rasa
al suolo per il 70 per cento. Nove anni
più tardi, durante il processo di Norimberga, Hermann
Göring, il capo della Luftwalfe, il vice di Adolf Hitler e una
delle figure più inquietanti tra tutti i gerarchi nazisti, dirà che il
bombardamento di Guernica fu fatto per sperimentare nuove tecniche e nuovi
velivoli. “La guerra di Spagna era la prova generale dell’imminente conflitto
mondiale. Guernica inaugurava la tecnica della guerra totale”. Il mondo intero
s’indignò. Quando Picasso lesse i giornali il 1 maggio 1937 si mise al lavoro.
Disegnò cento bozzetti: figure dilaniate, urlanti prese dal panico. Tentò di
inserire il colore, ma poi optò per la monocromia. Il 9 maggio una prima
composizione fu abbozzata su carta, l’11 cominciò a dipingere su tela.
All’inizio di giugno l’opera è pronta e il 12 luglio viene installata nel
padiglione dell’Esposizione Universale. Il pubblico fu disorientato. Al termine
dell’Esposizione Universale, con l’istaurarsi della dittatura franchista Picasso, grande oppositore di Francisco Franco, accettò che il suo quadro
girasse per il mondo e non tornasse in
Spagna fino a quando non venissero ristabiliti i diritti civili. L’artista
stesso si auto-impose l’esilio.
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