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Egon Schiele

 

"L'erotico è una misura tra gli inizi del nostro senso di sé e il caos dei nostri più forti sentimenti Si tratta di un senso interno di soddisfazione per il quale, una volta che abbiamo sperimentato, aspirare”

Audre Lorde.

 

Negli ultimi giorni dell'impero austro-ungarico, mentre il padre della psicoanalisi Sigmund Freud era alla ricerca della sessualità e Gustav Klimt dipingeva sogni sensuali, il giovane


Egon Schiele catturava l’emozione e l’angoscia dell’eros nei suoi ritratti di nudi fino a darne una rappresentazione con sfumature morbose e ansiose. Schiele, figura controversa nella storia dell'arte, sembra nei suoi dipinti associare mentalmente sesso e mortalità forse perché suo padre era morto di sifilide quando lui aveva solo quindici anni. Di certo questo legame conferisce una certa unicità e carattere alla sua arte, la investe di un'intensità emotiva  che insieme a  radicali innovazioni formali, caratterizza il contributo austriaco alla corrente dell’espressionismo: gesti esagerati, sorprendenti combinazioni di colori e frastagliate linee di contorno. Durante la sua breve carriera, morì a ventotto anni in seguito alla pandemia di spagnola del 1918,  realizzò più di tremila opere su carta e circa trecento dipinti in cui  sono evidenti i segni di un’arte che gli aveva impedito la  popolarità durante gran parte della sua vita. Alcuni carteggi rivelano infatti  un giovane uomo animato da una fede egoistica nell'immortalità del suo talento, che tuttavia si lamentava del non riconoscimento da parte del pubblico e delle difficoltà finanziarie che da ciò ne derivano. I disegni di Schiele apparivano brutti in contrasto con una nozione riconoscibile e accettata di bellezza, svelavano l'erotismo e l’angoscia personale. Numerosi autoritratti lo ritraevano esibizionista disinibito. Sono questi aspetti che oggi lo rendono interessante agli occhi del pubblico e dei critici. La sua estetica tormentata che appare in linea con il malessere dell'esistenza umana nei tempi moderni, con l’alienazione e una sorta di narcisistica autocommiserazione, conferiscono all'arte di Schiele  una rilevanza senza tempo per gli artisti contemporanei e gli spettatori. Tutto nella vita è morte”, annotava nel suo diario l’allievo spregiudicato di Klimt nella Vienna di fine secolo.  La vita per Schiele si situava sulla rotta di collisione tra eros e thanatos e su quella rotta , egli cercava l'intensa somma delle proprie emozioni. Modelle emaciate, scheletrite, nude, vulnerabili, sono ritratte impudiche nelle loro parti intime. Nessun artista aveva mai posto e visto la figura nuda come fece Schiele, in modo al tempo stesso violento e sensibile. In un articolo del The Guardian , di Jonathan Jones si legge:, "Schiele  è una femminista che pone le donne al centro dell'arte. Lui è un amante, non un nemico. Nel suo 1913 nudo Ritratto della donna con calze nere, la modella si adagia, ma  non nella posizione di traverso scelto da molti  artisti di sesso maschile nel rappresentare le donne. La modella, invece, si trova indietro con le gambe - quelle calze a contrasto con reggicalze rosso vivo - verso Schiele, mostrandogli gloriosamente la sua vagina."

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