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Visualizzazione dei post da luglio, 2021

La felicità è far parte di qualcosa di più grande.

La nostra società è diventata troppo competitiva, ma la chiave della nostra felicità è la connessione, non la competizione. Il filosofo greco Aristotele affermava che la necessità di cercare e mantenere relazioni interpersonali è un bisogno fondamentale di tutti gli esseri umani.  Eppure la maggior parte di noi vive la propria vita come individui nettamente separati. I fratelli competono tra loro, così come i coniugi. La scuola, lo sport, i luoghi di lavoro focalizzano sui risultati (o fallimenti) individuali. Incoraggiano il lato egoistico della nostra natura, spesso a spese degli altri, con una mentalità "noi contro loro". Instillano l'idea che il successo significhi fare meglio degli altri anche assumendo atteggiamenti non etici.  La cultura del marketing, dal canto suo, continua incessantemente a porre l'attenzione sulle  vistose manifestazioni di consumo e rivalità, alimentando l'errata convinzione che la sola chiave della felicità sia il denaro, rafforzando

Karl Marx e il Manifesto del partito comunista

Nel febbraio del 1848 un opuscolo di ventitré pagine fu pubblicato a Londra. L'industria moderna, proclamava, aveva rivoluzionato il mondo, superando, nelle sue realizzazioni tutte le grandi civiltà del passato: le piramidi egiziane, gli acquedotti romani, le cattedrali gotiche. Le sue innovazioni - la ferrovia, la nave a vapore, il telegrafo - avevano scatenato fantastiche forze produttive. In nome del libero scambio, aveva abbattuto i confini nazionali, abbassato i prezzi, reso il pianeta interdipendente e cosmopolita. Merci e idee circolavano ovunque. Le persone non credevano più che la discendenza o la religione determinassero il loro status nella vita. Tutti erano uguali a tutti gli altri e, per la prima volta nella storia, uomini e donne potevano vedere senza illusioni dove si trovavano nei loro rapporti con i simili. Le nuove modalità di produzione, comunicazione e distribuzione avevano anche creato un'enorme ricchezza. Ma c'era un problema. La ricchezza non era equa

Il pensiero binario

  Intorno al 350 a.C. il filosofo greco Aristotele volle ridurre e strutturare la complessità del mondo. Per fare ciò, prese in prestito la Tavola degli opposti di Pitagora, in cui vengono confrontati due elementi: finito - infinito pari - dispari uno - molti destra - sinistra riposo - movimento dritto - storto e la applicò alla società. La sua teoria del "dualismo" o, se si vuole, delle classificazioni binarie - per cui qualcosa è l'uno o l'altro, vero o falso, logico o illogico -  ha creato un mondo in cui le cose sono bianche o nere. Stanno accadendo o non accadendo. Qualcosa è buono o è cattivo. Una persona si comporta bene o non si comporta bene. Un accordo è scritto o non è un accordo. Gli elementi che hanno più valore diventano 1 quelli di minore importanza 0. La via di mezzo è invisibile e le persone pensano, dicono e fanno cose discutibili perché possono vedere solo due alternative estreme e opposte, operando di fatto in uno stato di aut-aut.