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Hobbes e il Leviatano

Nel Leviatano (1651), il filosofo inglese Thomas Hobbes (1588- 1679) parte dal presupposto che gli esseri umani sfuggano allo stato di natura (caratterizzato dalla totale assenza di leggi, di governo e di organizzazione sociale) e alla permanente minaccia di conflitti dettati dalla natura umana di per sé puramente egoista e motivata dal vantaggio personale, unendosi tra loro e stabilendo per contratto sociale un potere sovrano intransigente che li tenga in soggezione, che applichi restrizioni, ma al contempo li protegga tutti. Il Leviatano (potere sovrano) non solo protegge come farebbe un principe benevolo, ma la sua autorità è il risultato di una collettiva autorizzazione a farlo da parte di coloro che sono soggetti al suo potere. Questa rappresentazione di una Moltitudine unita in una Persona o in una Assemblea di uomini (Common -wealth), è innovativa perché nel 1651 (gli anni del governo di Cromwell)  è quello che c'è di più simile a uno stato moderno: il Leviatano, unica garanzia di pace e prosperità, è il potere democratico collettivo, non la proprietà di un principe (Machiavelli), non qualcosa di ordinato divinamente. È stato inventato da coloro che hanno convenuto il Levitano necessario deponendo il "perpetuo e irrequieto desiderio di potere che cessa solo con la morte". Trasferendo al Leviatano il diritto di essere violenti gli uni contro gli altri e conferendo al potere sovrano la loro forza e il loro potere, gli uomini si assicurano la pace e la prosperità e questo perché: "... durante il tempo in cui gli uomini vivono senza un potere comune che li tenga tutti in soggezione, sono in quella condizione che si chiama la guerra di tutti contro tutti” e temono di perdere la vita. Ed è la guerra che Hobbes teme maggiormente perché rafforza il lato più oscuro dell'umanità. Non dimentichiamo che il libro molto probabilmente è una risposta alla guerra civile che alla metà del XVII secolo dilania l'Inghilterra dopo l'esecuzione di Carlo I. La principale responsabilità del Leviatano è quindi quella di garantire la sicurezza dei suoi cittadini. Se l'autorità governativa non è in grado di garantire tale sicurezza e non prende sul serio il proprio mandato di proteggere la vita dei suoi cittadini apre la porta al caos e a rivoluzioni violente la cui conseguenza è l'impensabile ritorno allo stato di natura. Hobbes insiste su questo e richiede la piena attenzione del governo. Del resto è il primo filosofo a tradurre in inglese la  "Storia della Guerra del Peloponneso" di Tucidide e ha chiare le idee a proposito del crollo sociale portato dalla peste di Atene. Insiste sulle priorità del governo: "la sicurezza delle persone, a cui è obbligato dalla legge della natura", la protezione dalla povertà "nessun re può essere ricco né glorioso né sicuro, i cui sudditi sono poveri o spregevoli o troppo deboli per mancanza". Come hanno osservato numerosi commentatori, il Leviatano è il documento fondante della “teoria del contratto sociale” che sarebbe poi fiorita nella tradizione intellettuale occidentale. È anche un maestoso monumento della prosa inglese del XVII secolo. I suoi contemporanei accusano Hobbes di promulgare un resoconto indebitamente duro della natura umana ("solitaria, povera, cattiva, brutale e bassa") e di insegnare l'ateismo, con la Chiesa di Roma che arriva al punto di bandire il Leviatano per l'eterodossia e l'attacco sistematico al potere politico del clero ("Il papato non è altro che il fantasma del defunto impero romano, seduto incoronato sulla sua tomba", racconta favole simili a "le favole delle vecchie mogli in Inghilterra sui fantasmi e gli spiriti").  L'Università di Oxford lo condanna e lo brucia, e il parlamento inglese si avvicina all'approvazione di un disegno di legge che lo dichiara blasfemo. Entro la fine del XVII secolo l'immagine di Hobbes come eccentrico apologeta dell'irreligione e del dispotismo arbitrario è saldamente al suo posto. Eppure la storia di Hobbes è ancora la nostra storia in cui governo e persone si intrecciano in una relazione di co-dipendenza permanente e in cui al centro della politica c'è il compromesso tra libertà personale e scelta collettiva. Le domande che si è posto Hobbes sono le nostre stesse domande: "In che modo i governi eserciteranno i poteri straordinari che diamo loro? E come risponderemo quando lo faranno?" Al pari di Hobbes sappiamo che esercitare un potere politico governativo significa avere il potere di vita o di morte sui cittadini e l'unico motivo per cui diamo a qualcuno quel potere è perché crediamo che sia il prezzo da pagare per la nostra sicurezza collettiva. Ma significa anche che stiamo affidando decisioni di vita o di morte a persone che alla fine non possiamo controllare, e come Hobbes insegna, dobbiamo fare i conti con l'arbitrarietà del giudizio politico dei nostri leader. Siamo alla loro mercé. La crisi pandemica e la paura del Covid-19 ha rivelato ancor di più la verità di cui parla Hobbes: abbiamo bisogno di un Leviatano (vale a dire la "persona artificiale" dello stato) che ci protegga da ogni minaccia e al Leviatano chiediamo protezione. L'accettazione e la sottomissione alle limitazioni imposte dal governo alla libertà individuale fa parte di un grande patto per salvare l'individuo e aumentare le possibilità di sopravvivenza. Tutto Hobbes risuona potentemente. Le attuali restrizioni imposte attraverso i regolamenti governativi in risposta alla pandemia di Covid-19, così come lo scontro tra diversi atteggiamenti nei confronti di tali regolamenti (misure di contenimento/immunità di gregge), conferiscono alle preoccupazioni di  Hobbes una rinnovata urgenza. La posta in gioco è alta. Il rischio principale è che chi riceve si rifiuti di fare ciò che gli viene detto. A quel punto, ci sono solo due scelte. O le persone sono costrette a obbedire, usando i poteri coercitivi che lo stato ha a sua disposizione. Oppure la politica crolla del tutto, cosa che secondo Hobbes è l'esito che dovremmo temere più di tutti.




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