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François de la Rochefoucauld: il più antico dei moralisti francesi.


 

È opinione diffusa che la filosofia sia spinosa, e del resto basta leggere Hegel o Kant per convincersi che ciò sia vero, ma agli albori dell'età moderna viveva un filosofo francese che confidava in un modo ben diverso di presentare il proprio pensiero, piacevolmente vivace, soggettivo e intuitivo, associativo e antisistematico, saggistico e aforistico, ma di altissima qualità estetico-letterario. Il filosofo è François IV de la Rochefoucauld, e Le sue Riflessioni o Sentenze e Massime Morali, che  divennero ben presto un modello per un discorso morale che associava brevità, perfezione formale e profondità, sono un compendio di osservazioni aspre e malinconiche, ciniche e scettiche, provocatorie e sovversive, sulla condizione umana, ciascuna lunga solo una frase o due. Le Massime sono infatti un concentrato di lezioni tempestive, osservazioni acute, lucide, crude o divertenti sull'essere umano, il suo comportamento  incomprensibile ed enigmatico perché improvviso e contraddittorio, e le sue reali motivazioni.    Nato a Parigi nel 1613, da una famiglia di altissima nobiltà,  il duca de La Rochefoucauld abbracciò dapprima la carriera militare, partecipando a diverse campagne durante la Guerra dei Trent'anni. Si tuffò poi nel tumulto della vita politica del suo tempo, e fu in particolare una figura della Fronda (1648-1653), una reazione parlamentare e nobile contro l'autorità monarchica. La sua opera principale, le Massime – il titolo completo è Réflexions ou sentenze et maximes morales  – apparve per la prima volta nel 1665. Seguirono altre edizioni impreziosite da nuove riflessioni.  L'ultima versione offre ai lettori 504 massime e risale al 1678 due anni prima della morte del suo autore. Vicino agli ambienti giansenisti dell'epoca, La Rochefoucauld, adottando lo stile incisivo e conciso dell'aforisma, descrive le bassezze e le piccole miserie della natura umana, smascherando la vanità, il nostro pseudo libero arbitrio, il vantaggio personale, l'amor proprio,  scandagliando così la natura lacerata dell'uomo tra "angelo e bestia" (per dirla con Pascal). Così, anticipando la radicale distruzione dei concetti morali tradizionali, prima di Nietzsche (il proclamato Immoralista) che lo ammirava o della psicoanalisi di Freud, di cui sorprendentemente anticipò centrali teorie dell'inconscio, del narcisismo e del Super-Io,  il più antico dei moralisti francesi fu maestro del sospetto per il quale noi siamo il giocattolo di "stati d'animo", passioni e forze che ci sfuggono: " le persone spesso pensano di guidare se stesse quando vengono guidate…". Questo lucido critico dell'uomo per eccellenza, dipinse implacabilmente il ritratto di una società di perpetui intrighi e rivoluzioni e in cui potremmo forse riconoscere la nostra.

"Le nostre virtù sono spesso vizi mascherati" 

Questa massima esprime appieno l'antropologia negativa di La Rochefoucauld. Le virtù non esistono senza un fundus inconscio egoistico, e la loro vera fonte è l'amor proprio che si nasconde in innumerevoli forme, caratteristiche e azioni. L'amor proprio desidera costantemente se stesso, e i modi che cerca per  prendere il sopravvento ed elevarsi al di sopra degli altri hanno questo motivo nascosto. Tutta la vita riposa quindi sull'apparenza e qualsiasi azione che sembra altruistica è  subordinata alle molte maschere dell'amor proprio.

"Spesso non ti perdi in un vizio solo perché ne hai diversi"

 

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