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Simone Weil: un cuore capace di battere per il mondo degli oppressi e degli sfruttati.

Lavoratori oberati di lavoro e sottopagati: per comprendere la difficile situazione della classe operaia, la filosofa francese Simone Adolphine Weil nella prima metà del XX secolo, in una Europa devastata dalla guerra, varca i confini dei suoi ideali, rinuncia alla sua vita da privilegiata per lavorare in fabbrica perché vuole sperimentare fino in fondo cosa significhi essere povero e sfruttato. 



Nata a Parigi nel 1909 in una famiglia ebrea laica e colta dell'alta borghesia, Simone cresce in un ambiente protetto, distinguendosi al Lycée Henri IV e all'École normale supérieure, dove studia filosofia. Il suo interesse per la filosofia politica la conduce a Karl Marx e alla teoria marxista, ma non si accontenta degli ideali "da salotto" della sinistra. Simone entra in contatto con la realtà e sperimenta in prima persona cosa significhi restrizione della libertà di parola, disparità di reddito, alienazione del soggetto moderno e altro ancora. Rinuncia alla sua vita privilegiata e diventa operaia che a quei tempi significa lavorare come schiava, dormire su pavimenti di pietra ed essere pagata con un salario da fame. Questo modo di vivere permeato dall'impegno sociale per il quale spinge il suo corpo oltre i limiti la conduce a un forte esaurimento fisico e mentale che mina la sua salute delicata e spesso malata. "Le persone sono così strumentalizzate dal lavoro in fabbrica che nella realtà esistono come oggetti morti" scrive in un diario, che oggi si colloca tra i più importanti documenti politici dell'epoca, La Condition ouvrière catturando in modo inquietante quello che Charlie Chaplin in Tempi Moderni (1936) trasforma in immagine: nel servire le macchine l'operaio moderno viene usato e maltrattato da loro, al punto di essere mangiato vivo. Il ritmo della vita interiore di questo lavoratore è dettato dalla velocità e dalle esigenze della macchina a cui è attaccato, al punto da diventare esso stesso una cosa, un ingranaggio spersonalizzato, sostituibile, usa e getta alla mercé dei quadri dirigenti della società. "La dolorosa tentazione di resistere a una vita simile è smettere di pensare", annota. Per Weil al contrario il lavoro (prendere un elemento materiale e trasformarlo in prodotto utile) nella sua forma corretta richiede il pensiero prima dell'azione, un'attenzione consapevole e metodica. Il luogo di lavoro non ha bisogno di essere degradante, ma deve essere organizzato per incoraggiare il pensiero e onorare questa qualità umana che si perde nel lavoro di sfruttamento. La riorganizzazione del luogo di lavoro presuppone che tutti coloro che sono impegnati nel prendere  un elemento materiale e trasformarne la finalità in risposta a un bisogno abbiano uguale rispetto.  Simone Weil muore di tubercolosi a 34 anni mentre lavora per il governo della resistenza francese di Charles de Gaulle a Londra, rifiutandosi di mangiare più delle razioni dei cittadini della sua Francia occupata dai tedeschi. Cosa penserebbe del modo in cui lavoriamo oggi e delle decine di milioni di lavoratori nel mondo ridotti in schiavitù nei paesi in via di sviluppo, ma anche nei paesi industrializzati?

Un bambino che lavora nelle miniere di oro del Congo.
Foto di Marcus Bleasdale



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