Passa ai contenuti principali

Marie Louise von Franz: le fiabe rivelano la natura e la dinamica della Psiche

Al giorno d'oggi, le fiabe suscitano tanto vivo l'interesse degli adulti in cerca di significato, quanto quello dei bambini, il loro pubblico naturale. Ma come decifrare il messaggio di questa  antica e diffusa letteratura, un tipo di racconto sognante, senza pretese, frutto dell'oralità, che racconta di eventi ambientati in un luogo e tempo indefiniti?


Tra i vari tipi di letteratura mitologica, le fiabe, misteriose produzioni dell'anima popolare, sono le espressioni più semplici e pure dei processi psichici inconsci collettivi ( sviluppatesi in base a una predisposizione comune dell'umanità a organizzare in maniera simile esperienze transgenerazionali) e offrono quindi la più chiara comprensione degli schemi di base della psiche umana. Ogni popolo o nazione ha il proprio modo di sperimentare questa realtà psichica, e quindi uno studio delle fiabe del mondo produce una ricchezza di intuizioni sulle esperienze archetipiche dell'umanità. Le fiabe hanno una profonda saggezza: appartengono al deposito della saggezza psicologica collettiva estratta dall'umanità in migliaia di anni.  Le fiabe confortano e le fiabe guariscono. Ci guidano sulla via di una risposta alla questione del senso della nostra vita perché sono la voce "dell'anima antica" che ci insegna la vita come è stata raccontata da generazioni intere e che ci aiuta a meglio padroneggiarla. Conoscono la nostra sofferenza mentale e hanno una risposta al nostro bisogno. Le fiabe riguardano principalmente il processo di crescita spirituale inconscio - la trasformazione interiore in cui si trova ogni essere umano. Sebbene i personaggi delle fiabe non rappresentino persone ma immagini archetipiche, queste ultime hanno spesso tratti umani. I personaggi delle fiabe subiscono il destino di donne e uomini e descrivono il loro confronto con le difficoltà e i pericoli della vita. Le fiabe mostrano alle donne come trovare Eros nel loro spirito e mostrano agli uomini la via per la loro Anima perduta. Questa lotta riguarda in ultima analisi la ricerca del sé, il tesoro nascosto. Per buona ragione, psicologi del profondo come Freud e Jung le hanno esaminate.  Principale erede e continuatrice dell'opera di Carl Gustav Jung, con cui lavorò a stretto contatto per oltre trent'anni, Marie-Louise von Franz è forse la principale autorità nell'interpretazione psicologica delle fiabe.  Nel suo libro del 1970, L'interpretazione delle fiabe, la psicologa junghiana descrive le fiabe come "l'espressione più pura e semplice dell'inconscio collettivo. Rappresentano gli archetipi nella loro forma più semplice, scarna e concisa … ci forniscono i migliori indizi per la comprensione dei processi in atto nella psiche collettiva, fino ad arrivare ai modelli di base della psiche umana", alle sue proprietà innate e auto-organizzanti.. I personaggi semplici ed essenziali ci aiutano a identificare gli archetipi* nella loro forma più cruda e vedere come esistono dentro di noi, forse in un modo più efficace di quanto qualsiasi altro materiale sia in grado di fare. L'interpretazione delle fiabe di Marie-Louise von Franz si basa quindi sulla visione di Jung delle fiabe come un prodotto spontaneo e ingenuo dell'anima, che può solo esprimere ciò che l'anima è. Pertanto, considera le fiabe come immagini di diverse fasi dell'esperienza della realtà dell'anima. L'eroe e l'eroina di una fiaba sono presi come figure archetipe e rappresentano il fondamento archetipico del complesso dell'Io di un individuo o di un gruppo. La figura dell'eroe così come l'intera storia compensano quello che inizialmente era un atteggiamento di coscienza insufficiente o sbagliato. La situazione iniziale di bisogno, miseria e mancanza si risolve alla fine avendo una struttura più integra rispetto all'inizio. Ciò corrisponde a un rinnovamento della coscienza dominante, orientata verso l'interezza e la totalità psichica in modo più adeguato alle esigenze del Sé, rispetto a prima. Attraverso le fiabe veniamo portati in quello che Jung chiamava " lo spirito degli abissi" dove ogni avventura, ogni storia illumina quel sentiero invisibile che porta al Sè **(il centro del sistema di autoregolazione della psiche). Attraverso la lettura o l'ascolto delle fiabe, dei  viaggi mitologici di eroine ed eroi estendiamo la nostra personale comprensione della vita.



Il 4 gennaio 1915 nacque la psicologa e studiosa junghiana Marie-Louise von Franz a Monaco di Baviera. Dal 1919 visse in Svizzera, nella rurale Rheineck. Frequentò un liceo a Zurigo, specializzandosi in lingue e letteratura, e intorno all'età di 18 anni, lei e alcuni compagni di classe, discutendo di psicologia, incontrarono lo psichiatra Carl Gustav Jung che influenzò molto la giovane donna.  Nel 1934 inizia la formazione analitica con Jung. La collaborazione di Von Franz con Carl Gustav Jung dura fino alla morte di lui nel 1961.  L'esperienza di ciò che CG Jung chiamava la psiche oggettiva o l'inconscio collettivo plasma la sua vita e il suo lavoro tanto quanto il suo confronto con la realtà di questo strato della psiche che si affaccia autonomamente alla coscienza. "Le fiabe non ci deludono mai", scrive in uno dei suoi testi affidandone l'interpretazione alla psicologia del profondo. Nel 1935, la ricercatrice Hedwig von Beit chiede a Marie-Louise von Franz di aiutarla part-time a scrivere un libro sulle fiabe. Von Franz si  dedica a un lungo lavoro di ricerca e interpretazione durato 9 anni e pubblicato nel libro "Symbolik des Märchens " ( Simbolismo delle fiabe ). Von Franz in seguito collega  l'interpretazione delle fiabe con le esperienze della vita quotidiana e diviene nota come la prima a scoprire e dimostrare la saggezza psicologica delle fiabe.

 

*Gli archetipi sono definiti come modelli universali e innati che svolgono un ruolo nell'influenzare il comportamento umano. Jung ha usato il concetto di archetipo nella sua teoria della psiche umana. Ha identificato 12 archetipi di personaggi mitici universali che risiedono nel nostro inconscio collettivo, dodici tipi primari che rappresentano la gamma delle motivazioni umane di base. Ognuno di noi tende ad avere un archetipo dominante che domina la nostra personalità

 

**L'individuazione  era il concetto centrale di Jung. Ha usato il termine per l'obiettivo finale del lavoro interiore, la lotta per tutta la vita per realizzare il Sé, la nostra unica totalità, l'unione di tutte le nostre tendenze, buone, cattive e brutte. Questa totalità psichica può liberarci dalla prigione della nevrosi.  


 


Commenti

Post popolari

L'infanzia nel medioevo e nell'età moderna

Tra gli avvenimenti più significativi dell'età moderna, l'invenzione della stampa, le rivoluzioni politiche, l'ascesa della borghesia, la rivoluzione scientifica, c'è la scoperta dell'infanzia. Philippe Ariès, storico francese in un suo libro pubblicato nel 1960, ha sostenuto che l'infanzia nasce con l'età moderna. L'infanzia nelle classi agiate comincia ad essere considerata con il Rinascimento e si afferma nel XVII secolo. Nei dipinti medioevali, per esempio, i bambini erano ritratti come piccoli adulti,  con gli stessi abiti e persino lo stesso volto. Non erano mai raffigurati da soli segno che la loro individualità non è contemplata. Nella festa selvaggia di Brueghell i bambini mangiano e bevono in mezzo a uomini e donne che si rincorrono senza controllo. É solo in età moderna  che compaiono i primi ritratti di bambini, da soli o in gruppo e con sembianze infantili, mentre giocano fra loro. Dunque nel medioevo l'infanzia era sostanzialmente ign

La filosofia è necessaria: il metodo zetetico.

Secondo il detto kantiano per cui "la filosofia non si può insegnare: si può solo insegnare a filosofare", la filosofia deve avviare l'allievo all'esercizio delle capacità razionali partendo dall'esperienza quotidiana, dall'analisi dei problemi che nascono dalla vita, dal rapporto quotidiano con il mondo, e interpretarli come questioni più generali. Una interrogazione continuamente rinnovantesi sui problemi dell'esperienza umana questa deve essere la logica d'insegnamento del filosofare che si arricchisce attraverso lo studio dei classici e il dialogo con gli autori del passato. Questo è il metodo zetetico (da zetesis = indagine) auspicato da Kant. Seguendo questo metodo, l'insegnante di filosofia, nella scuola, potrebbe decidere di trattare una sola tematica, magari partendo da una ricerca aperta sui problemi rilevanti per il mondo giovanile, con le finalità di guidare i discenti all'esercizio del pensiero critico fino a un ampliamento

Romeo e Giulietta : quando l'amore incrocia l'ombra della morte.

Romeo e Giulietta è, insieme all'Amleto, la più rappresentata delle tragedie shakespeariane, e probabilmente la prima a essere rappresentata fuori dai confini del Regno Unito, nel 1604 in una città della Baviera (Germania). Il Globe, vero teatro shakespeariano, sarebbe stato costruito  nel 1598  e la compagnia di fiducia del Bardo, la Lord Chamberlain’s Men (servi del Lord Ciambellano), mise in scena la tragedia (1597) con probabilità al The Curtain  teatro londinese a quel tempo molto in voga nel sobborgo di Shoreditch, una zona anarchica, selvaggia, ma anche incredibilmente gioiosa. All’epoca gli spettacoli erano annunciati da una didascalia posta all’ingresso del teatro accompagnata da uno stendardo: nero per le tragedie, bianco per le commedie e rosso per le rappresentazioni storiche.  Shakespeare era alla sua prima tragedia, e la tragedia non era ancora il suo forte.   La trama di Romeo e Giulietta non era una novità  perché  l’autore si era ispirato a The tragical histo