"C'è un solo viaggio possibile: quello che facciamo nel nostro mondo
interiore. Non credo che si possa viaggiare di più nel nostro pianeta. Così
come non credo che si viaggi per tornare. L'uomo non può tornare mai allo
stesso punto da cui è partito, perché, nel frattempo, lui stesso è cambiato".
Cosi si esprimeva Andrej Arsen'vico
Tarkovskij, regista e attore sovietico, nel suo Tempo di viaggio (1983)
Il viaggio, quindi, più avventuroso e forse più inquietante della nostra
esistenza, potrebbe essere (o potrebbe essere stato per chi ha avuto il
coraggio di farlo) quello di percorrere i sentieri più profondi e inesplorati
della nostra anima, dell'insondabile mistero di cui parlano i poeti.
Il viaggio diviene in tal senso un processo
iniziatico dal quale non ci si può in alcun modo sottrarre, diviene scoperta di
un territorio sconosciuto all'interno del quale, in ogni momento, manteniamo
una capacità di apertura al nuovo, al mistero, insieme ad un naturale senso di
stupore dove ciò che conta non è la meta, ma la capacità di ritrovarsi, di
descrivere l'esperienza vissuta, di tradurla in atti e parole.
E condividere con Proust l'affermazione: Il
vero viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuove terre, ma nell'avere
nuovi occhi.
Viaggiare come metafora della vita stessa. Il
viaggio come un percorso nel quale la nascita è la partenza, la morte il punto
d'arrivo.
Sono le motivazioni relative alla ricerca esistenziale,
interiore ed inconscia, che rendono vitale il viaggio e la scoperta.
La ricerca di se
stessi, infatti, metterà l'uomo sempre di fronte ad un orizzonte inesplorato,
la meta non sarà mai raggiunta o, se raggiunta rappresenterà l'inizio di un
nuovo cammino e il viaggio sarà quindi lo sfondo di questa avventura.
concordo.
RispondiEliminamagari ci sono tanti uomini in giro che non sanno nemmeno di esserlo...eppure cnon i loro comportamenti lo sono!
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