In un mondo conservatore vuole aggirare le restrizioni e le barriere
sociali sia a casa che a scuola, Wadjda una ragazzina di dieci anni che vive
in un sobborgo di Riyadh, la capitale dell'Arabia Saudita. Indossa scarpe da
ginnastica Converse nere e lacci viola; ama la musica pop; si tinge le unghie
dei piedi con smalto turchese; ha un velo che non sembra mai stare fermo e non
si nasconde davanti agli uomini. Dopo una lotta con il suo amico Abdullah, un ragazzo
di quartiere con cui non dovrebbe giocare, Wadjda vede una bella bicicletta verde in
vendita. Lei vuole disperatamente la bicicletta in modo da battere Abdullah in
una gara. Ma la bicicletta, in un ambiente dove la mobilità delle donne è
limitata, è un ulteriore attento alla virtù di una ragazza, alla sua verginità. Sua
madre, impegnata tra l'altro a dissuadere il marito dal prendere una nuova moglie, non
lo permette temendo ripercussioni. Così
Wadjda decide di provare a racimolare da sola i soldi necessari all'acquisto. Finisce così per imparare a memoria i versetti del Corano per iscriversi a un concorso
religioso a scuola sperando di vincere il premio in denaro. Nel frattempo finge
di essere diventata il modello di ragazza devota che le sue insegnanti e la
preside vogliono che lei sia...
Wadjda (tradotto in italiano con il titolo La bicicletta verde) è il
primo film a essere stato girato interamente in Arabia Saudita. Scritto e diretto da una donna, Haifaa
Al-Mansour, e interpretato da Waad Mohammed nel ruolo della protagonista, il
film è stato realizzato tra non poche difficoltà, prima tra tutte quella di trovare
degli investitori disposti a credere che in Arabia Saudita fosse ancora
possibile girare un film. Una sfida poiché
l'Arabia Saudita non ha un’industria cinematografica e nemmeno vi sono sale
cinematografiche pubbliche nel paese. Vi è, tuttavia, la produzione televisiva,
e la maggior parte degli attori impegnati nelle riprese aveva avuto esperienza televisiva.
“Ho cercato di essere rispettosa della cultura e non offensiva, così
che il film fosse approvato dal governo”, dichiarò la Mansour, in un’intervista
rilasciata al New York Times in occasione della prima.
“Nel film gli uomini e le donne non si vedono insieme, tranne le scene
a casa o in un ospedale, o nel costante siparietto tra le matrone e i loro
conducenti. Il modo in cui le persone si muovono cambia completamente quando vanno dall'esterno verso l'interno soprattutto per le donne”, disse la regista. “Perché fuori, le donne sono invisibili, ma quando vanno a
casa, abitano lo spazio, cantano e ballano. Così che l’interno è più
interessante del fuori”. Significativa a tal punto la scena in cui la preside della scuola
di Wadjda ammonisce alcune ragazze per essere state troppo rumorose: "La voce di una donna è la sua
nudità", dice. E la voce delle donne è evidente per tutto il film: ragazze
che ridono, la madre di Wadjda che
canta...
Tra i timori che la polizia religiosa interrompesse le
riprese e l’impossibilità per la regista di girare all'aperto, doveva stare in un furgone e parlare con
i suoi attori tramite un walkie-talkie, Wadjda guadagna attenzioni fin dalla sua prima uscita nel novembre 2012.
“C'è calore e austerità nel mondo di Wadjda, gentilezza e
crudeltà, come la possibilità, modestamente abbozzata e ardentemente
desiderata di cambiamento” (AO.Scott, New York Times)
Guardiamo insieme il trailer da Youtube
Guardiamo insieme il trailer da Youtube
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