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La masai bianca






La masai bianca
di Corinne Hofmann
SUPERBUR NARRATIVA
E. 9.90


Nell'ottobre 2003 il mal d'Africa mi vedeva protagonista di un nuovo entusiasmante viaggio nella culla dell'umanità: il Kenya! Un viaggio da sempre desiderato, sognato sfogliando riviste e cataloghi e, finalmente, concretizzato. Prima di partire ovviamente cercai di apprendere il più possibile su quella immensa e meravigliosa terra dai mille colori e suoni. 
Un giorno, per caso, in libreria, cercando diari e guide sul Kenya, mi imbattei in una sorta di diario: La Masai Bianca. La vera storia di Corinne Hofmann, una ragazza svizzera, che, dopo un'esperienza a Malindi, decise di seguire il cuore e mollare la quotidianità della perfezione elvetica, per il bush (boscaglia di arbusti tipica delle savane africane) e la rossa terra del Kenya. La trama e le foto contenute nel libro mi entusiasmarono subito e così lo acquistai. Pagina dopo pagina, rapita dalla storia di Corinne, finii il libro in una nottata, restando incollata a quelle pagine di vita intensamente vissuta e sofferta.


TRAMA

Quando all'aeroporto di Mombasa, siamo accolti da una magnifica aria tropicale, ho già il presentimento che questo diventerà il mio paese, che qui mi troverò bene.
Così inizia La masai bianca.
Nel 1986 Corinne è una giovane donna svizzera con un'avviato e famoso atelier di abiti da sposa, un fidanzato che dovrebbe sposare a breve e tanti progetti per formare una famiglia.
Col fidanzato Marco parte per un rilassante viaggio alla volta delle bianche spiagge di Malindi e Watamu.
Sul traghetto, che all'epoca unisce Mombasa alle spiagge, vede per la prima volta un giovane e bellissimo Masai, alto e muscoloso, con delle lunghe treccine ocra rifinite da perline sgargianti, avvolto nel tipico drappo rosso e con i famosissimi sandali ricavati da vecchi copertoni di auto e camion.
Rimane molto affascinata dall'uomo e tanta è la sua felicità quando, la sera, lo trova nel suo resort a fare uno spettacolo di tipiche danze masai.
Alla fine dello spettacolo, con la scusa di fare acquisti di artigianato tipico masai, Corinne si avvicina al giovane Lketinga, questo il suo nome, iniziando a gesti e in un inglese stentato, una conversazione.
Lketinga, notando che Corinne è accompagnata da un uomo (il fidanzato) le chiede se abbia figli e lei prontamente risponde che non è sposata. L'attrazione per il masai è forte tanto che Corinne cerca ogni scusa per potergli stare accanto. Ma la data di rientro si avvicina e Lketinga non si trova, è sparito. Tramite amici del giovane, Corinne e il fidanzato vengono a sapere che è stato arrestato e si trova in una delle cinque prigioni del luogo. Corinne, suo malgrado, deve far rientro in Svizzera, ma fa sapere al suo masai che lascerà il fidanzato e tornerà presto da lui in Kenya, e gli manda un piccolo aiuto finanziario.
Rientrata a casa lascia il perplesso e sconsolato Marco e comincia a raccogliere tutto il materiale possibile sul Kenya, finchè, non arriva luglio e la nuova partenza, stavolta insieme al fratello, alla volta di Malindi dove ad attenderla ci sarà il suo masai che, nel frattempo, è stato liberato. A Malindi vive giorni indimenticabili ma, Lketinga parla poco inglese e lei per nulla quindi la comunicazione è difficoltosa. Quando poi Corinne cerca di baciare Lketinga, lui si ritrare disgustato e impaurito, lasciandola in uno stato di tristezza e sconforto, causato soprattutto dalla enorme diversità tra le due culture a confronto. Da una parte l'occidente con la perfezione svizzera e tutta la modernità europea, dall'altra la primitività dell'Africa coi suoi riti e le sue magie. Ma Corinne non si arrende e insieme al fratello e ad amici di Lketinga  lascia il resort per un villaggio vicino, dove potersi immergere nella vita locale. Il fratello di Corinne deve rientrare in patria, lei invece decide di avventurarsi nel bush.
Nel frattempo conosce una coppia, lei tedesca, lui masai occidentalizzato. La ragazza tedesca sconsiglia vivamente Corinne di vivere in Kenya col suo nuovo compagno: la vita è dura, Lketinga è analfabeta e senza lavoro e, come Corinne scoprirà presto, assuefatto alla miraa. Oltre a tutto ciò le donne, in Keny, non hanno diritti. L'avvisa di tornare in Svizzera, di far studiare il compagno e di renderlo più occidentale e di tornare a Mombasa per le vacanze.
Ma la donna è innamorata, cocciuta, e rinuncerà a tutto per seguire il suo sogno d'amore per l'uomo e per la terra rossa. Venderà l'atelier e la casa in Svizzera, spenderà tutto il suo denaro per iniziare una nuova vita in Kenya. All'inizio vivrà in vari villaggi dove avvierà  anche un emporio per il marito, ma sarà costretta a chiuderlo per non indebitarsi; Lketinga, finirà in un giro di droga (miraa), una pianta che molti kenioti delle baraccopoli masticano tutto il giorno, (rendendoli nel tempo assuefatti), che lo lascerà svogliato e prepotente. Comincerà a far ''credito'' agli amici che mai lo pagheranno, donando tutta la merce dell'emporio, finchè, stanca, Corinne non deciderà di chiudere il piccolo duka ( dallo swahili, emporio, negozietto ). 
Si sposeranno e si trasferiranno poi nel bush dei Samburu, vicino al lago Turkana, dalla madre e dai parenti di Lketinga. La convivenza si fa subito difficile, la vita pesante e dura: niente acqua, elettricità, servizi igienici. Solo savana e animali da accudire, lavoro pesante da fare... Nel 1987 rimarrà incinta, e dopo un parto difficile che la mette a rischio della vita stessa e dal quale nascerà una bella bambina chiamata Napirai, tornerà in Svizzera per curarsi. Lketinga geloso e sospettoso cerca di ostacolarne la partenza, alla fine cede e lascia partire moglie e figlia (che fortunatamente ha preso il cognome della madre, estromettendo legalmente Lketinga). Nel frattempo gli era stata riavviata un'attività commerciale per non lasciarlo senza proventi, grazie all'aiuto di una missione. Una volta a casa, Corinne, molto debilitata dalle malattie e dal brutto parto, scopre di aver contratto la scabbia. Si cura e, ascoltando il richiamo d'Africa, torna in Kenya sperando che la situazione sia un po' migliorata, grazie anche al nuovo duka. Ma una volta rimesso piede tra le rosse terre, la donna si accorge che nulla è cambiato, anzi tutto sembra andare ogni giorno peggio, finchè, un giorno, capisce che non puo' far crescere e dare un futuro dignitoso alla piccola Napirai se continua a vivere in quelle condizioni. A malincuore decide così di tornare in Svizzera per sempre, ma senza dirlo al marito che non l'avrebbe mai lasciata partire con la bambina. Nel 1990, con uno stratagemma, Corinne riesce ad ottenere  il divorzio e, con la piccola Napirai fanno rientro in Svizzera, promettendo a Lketinga che sarebbero tornate al più presto e gli lascia in pegno tutte le sue carte di credito pur di avere firmati i documenti di divorzio. Le ultime parole di Lketinga saranno ''I don't know if I see you and Napirai again''.
Il bel masai dalle treccine ocra si rende conto del piano di Corinne. Passano anni prima che Lketinga possa conoscere la figlia, per la precisione diciotto. Dal ''diario'' di Corinne ne è stato tratto anche un film che porta lo stesso titolo e nel quale si possono rivivere emozioni ed esperienze narrate nel libro.
Dal 2001 Corinne e Napirai vivono a Lugano. Ma Corinne non ha mai lasciato del tutto l'Africa, continua a viaggiare per il continente, tra deserti e savane, accumulando inestimabili tesori di vita vissuta.
Napirai ha conosciuto il padre al suo 21esimo anno recandosi in Kenya.
La Hofmann ha scritto altri ''diari'' sulle sue esperienze africane ma ancora non sono stati tradotti in italiano.
Tania
























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