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Filosofia in pillole: l'Accademia Platonica

Le università, come le conosciamo oggi, sono apparse nell'XI secolo in Europa. La prima istituzione considerata tale fu l'Università di Bologna fondata nel 1088. Il motivo per cui l'Accademia platonica non era chiamata "università" è puramente linguistico. Il termine è apparso più tardi, poiché "università" deriva dalla frase latina "universitas magistrorum et scholarium" (corporazione o associazione di insegnanti e studenti). Mettendo da parte il termine, quindi, possiamo dire che l'Accademia platonica era un'Università, poiché di questo si trattava: un luogo d'insegnamento e ricerca in cui gli studenti e gli insegnanti vivevano insieme.  Teofrasto, Speusippo, Senocrate, Crati, Arcesilao, Teaito, Filone, Plutarco, Proclo, Simplicio, Euclide, Damascio, passarono in Accademia e illuminarono l'intera Attica con il loro acume. Tuttavia, l'allievo più famoso di Platone, quello che in seguito fondò la sua scuola, e che influenzò e continua a influenzare il pensiero occidentale, fu Aristotele.


Platone è uno dei filosofi greci più letti e studiati al mondo. Con il suo vasto lavoro ha plasmato la filosofia occidentale come nessun altro. Non solo: i fondamenti del governo occidentale si trovano nei suoi scritti politici, soprattutto ne "La Repubblica", una delle opere filosofiche più influenti di tutti i tempi. Visse in Grecia nel IV secolo a.C. e ad Atene, a circa un miglio dalla città, fondò l'Accademia una scuola che prese il nome dalla sua posizione, un boschetto di alberi sacri all'eroe AKademus. Convinto assertore dell'imprescindibile rapporto tra filosofia e politica ("ci sarà un buon governo solo quando i filosofi diventeranno re o i re diventeranno filosofi"), Platone assegnò ai filosofi il compito di governanti della città. I filosofi, in quanto capaci di cogliere l'idea del Bene, erano i soli a poter risolvere i mali che il caos di una cattiva politica aveva generato ad Atene e in generale in tutte le città greche. La morte di Socrate, per mano dei democratici, sembrò averlo convinto che Atene aveva bisogno di una nuova generazione di cittadini in grado di pensare con la propria testa, e non essere così facilmente corrotti. L'Accademia fu soprattutto il tentativo di dare alla filosofia un ruolo politico, educando i governanti, riprogettando l'intera vita delle poleis greche, e questo perché scriveva Platone: "il nostro scopo nel fondare lo Stato non è di rendere felice un unico tipo di cittadini, ma che sia felice quanto il più possibile lo stato nella sua totalità". Secondo Platone, gli individui e gli stati possono vivere insieme e armoniosamente  solo se la filosofia, che contiene i principi per una comunità giusta e per una vita basata su un forte fondamento morale ed etico, guida la pratica politica e insegna agli uomini a diventare cittadini al servizio della comunità, a pensare con la propria testa e non essere così facilmente corrotti. "Sono stato irresistibilmente attratto a lodare la vera filosofia", dice nella Settima lettera*, "e a proclamare che solo dalla sua luce si può riconoscere dove sta la giustizia, sia nella vita pubblica che in quella privata". Dopo il suo primo infruttuoso viaggio in Sicilia, dove credeva di poter realizzare la sua visione del filosofo -re, Platone, convinto che solo il filosofo potesse diventare un vero sovrano, si ritirò da ogni tentativo di intervenire in politica e si dedicò a formare filosofi che sarebbero diventati sovrani. Va ricordato che al tempo di Platone esistevano due punti di vista sulla filosofia: 1) che la filosofia era essenzialmente una astratta assurdità perpetrata da qualcuno con la "testa per aria", 2) che era pericolosa. Platone ha agito su queste convinzioni fondando  l'Accademia e  insegnandovi per quarant'anni usando il metodo dialettico. Gli esercizi dialettici avevano infatti un posto fisso nelle lezioni dell' Accademia e fondamentalmente consistevano in discussioni  tra gli interlocutori in uno stile più coperativo che combattivo, come sforzo comune per avvicinarsi a una verità che sta al di sopra dei punti di vista dell'uno o dell'altro avversario. Dicearco, allievo di Aristotele, nella sua descrizione della vita in Accademia, accenna al fatto che i suoi membri vivevano, indipendentemente dall'origine e dal rango sociale, come una comunità di uomini liberi ed uguali, impegnati a discutere tra di loro, argomentare, ascoltare, praticare la filosofia e la ricerca comune, illuminare una questione da tutti i punti di vista. Le donne potevano partecipare. Per quanto riguarda le materie, nell'Accademia c'erano vari campi scientifici con oggetto di studio la filosofia, la matematica, le scienze naturali e politiche. Secondo una storia non verificabile che è diventata leggenda attraverso i secoli sull'architrave dell'Accademia era scritta la frase: "Nideis ageometritos isitto", a significare "Nessuno ignaro della geometria entri sotto il mio tetto". Platone credeva che la geometria e la matematica fossero l'unico modo sicuro per avvicinarsi al mondo delle idee, persino a Dio stesso.  Anche il silenzio faceva parte dell'Accademia come pratica per favorire la concentrazione e il dialogo fruttoso dell'anima con se stessa. 

La Settima Lettera (la cui paternità è fonte ancora di discussioni nella comunità accademica) è indirizzata ai parenti e agli amici di Dione, ucciso dopo che lui e Platone tentarono di consigliare il tiranno Dionigi II di Siracusa, in Sicilia. Sebbene sia principalmente un resoconto delle sue visite lì e dei suoi tentativi di insegnare al tiranno Dionigi la filosofia, la lettera divaga per esplorare la possibilità di scrivere la vera filosofia e anche per discutere la teoria delle forme.

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