Birdman
Autenticità, identità, illusione,
fama: di cosa parliamo quando parliamo di ammirazione, riconoscimento, di
esistere per gli altri perché se gli altri non ci vedono, non ci sentono come
reali, non ci rinviano la nostra immagine, noi semplicemente non
esistiamo, non abbiamo l’intima convinzione di essere
vivi? R. Laing nel libro L’Io diviso
parla di incapacità di mantenere dall’interno il senso della propria identità,
per cui la ricerca dell’ammirazione è sentirsi reali attraverso gli altri, esistere
negli occhi degli altri. In tal senso
nel rapporto con gli altri rimane sempre un fundus egocentrico e narcisistico:
gli altri sono funzionali, strumento necessario, alla scoperta del proprio Io
e vita è
un'illusione o, di fatto, un delirio delle proprie illusioni.
Il film Birdman o La virtù
imprevista dell’ ignoranza (quattro premi Oscar e qualche Golden Globe) parla
proprio di questo, intriso
com’è del genio shakespeariano nella sua rappresentazione della condizione
umana. Il protagonista del film, Riggan, è una star che, una volta raggiunto il
successo planetario interpretando un supereroe, cerca di ricostruire la sua
“fama calata” dimostrando di essere non solo una celebrità, ma soprattutto un attore.
Si trova così a fare i conti con il proprio Ego. Confuso per le strade di New
York qualche istante prima del debutto teatrale, Riggan incontra un vecchio attore ubriaco che recita
il nematicamente pertinente monologo di Macbeth: “ … La vita e' solo un'ombra che
cammina: un povero istrione, che si dimena, e va pavoneggiandosi sulla scena
del mondo, un'ora sola: e poi, non s'ode più. È una favola raccontata da
un'idiota, tutta piena di strepito e furore, che non vuol dir niente”.
E se
"Tutto il mondo è un palcoscenico", come dice Shakespeare in Come vi piace ", e tutti gli uomini e le donne sono semplicemente
attori che hanno le loro uscite e le loro
entrate, e interpretano nel tempo molte parti. Allora il delirio di Birdman
potrebbe essere anche il nostro.
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