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Ofelia e il femminile nell'Amleto di Shakespeare


Una bambina che nel XVI secolo perse l'equilibrio mentre raccoglieva fiori cadendo in uno stagno e annegando, potrebbe aver ispirato una delle più famose eroine tragiche della letteratura, Ofelia. Shakespeare aveva cinque anni all'epoca della tragedia che colpì Jane Shaxspere nel 1569 e non avrebbe scritto l' Amleto fino a quarant'anni dopo, ma gli accademici ora credono che la ragazza possa aver ispirato il destino del personaggio dell'autore. Ad affermarlo è un gruppo di ricercatori dell'università di Oxford che nel corso di uno studio approfondito sulle morti accidentali nell'Inghilterra dei Tudor si sono imbattuti in un rapporto del medico legale in cui si legge che Jane Shaxspere sarebbe annegata  all'età di due anni e mezzo nelle acque di un canale chiamato Upton myll pond a causa della raccolta di "yelowe boddles" (calendule). Il tragico destino della bambina si sarebbe compiuto a Upton Warren nella contea del Worcestershire a sole 20 miglia dalla casa d'infanzia di Shakespeare a Stratford-upon-Avon. Gli studiosi ritengono che Jane possa anche essere stata una parente di William dati i capricci della prima ortografia moderna e le variazioni nella firma di Shakespeare. Secondo Gunn, lo storico che ha trovato il documento, la piccola Jane Shaxspere è quindi una candidata più probabile di Katherine Hamlett, una giovane che cadde nell’Avon nel 1579, quando Shakespeare aveva 16 anni. Ma chi è Ofelia? È impossibile ricostruirne la biografia dal testo. Shakespeare ci dà pochissime informazioni da cui immaginare un passato per Ofelia. Dama di compagnia della regina Gertrude, madre di Amleto, Ofelia è la figlia del consigliere di corte Polonio e sorella di Laerte. Innamorata del principe Amleto, la bella Ofelia è una adolescente che si muove in un mondo che limita le sue azioni, i suoi pensieri, i suoi atteggiamenti, le sue emozioni perché gli uomini della sua vita (in conflitto tra loro) decidono per lei, la controllano, la manipolano, mantenendola soggetta a qualsiasi immagine desiderino adattarla per conseguire i propri fini siano essi personali o politici. Alla corte danese di Elsinore, Ofelia è una pedina che suo padre Polonio manovra per carpire informazioni da Amleto da usare per ottenere i favori del regicida Claudio. E' una bambina che non ha consapevolezza e comprensione di come va il mondo per suo fratello Laerte. Un oggetto alla mercé degli sbalzi d'umore del principe Amleto che la incoraggia a vivere una vita santa salvo poi ricoprirla di allusioni sconce. Tutti e tre (Polonio, Amleto, Laerte) suggeriscono che cedere alla passione sessuale può renderla indegna, affermando che perderà valore perdendo la verginità. Intrappolata nelle definizioni contradditorie della sua femminilità che gli uomini intorno a lei le danno, nella visione del femminile non come principio di alterità con cui confrontarsi ma come alimento e consolidamento della mascolinità, in definizioni di lei che eludono completamente la sua vita interiore ( valore = verginità = corpo), Ofelia non riesce a definire se stessa e le proprie azioni, non ha opinioni, non ha voce. Il suo sistema visivo e di pensiero è subordinato alla volontà maschile. Dopo la morte di Polonio per mano di Amleto, con Laerte e il principe stesso  all'estero, travolta dalla possibilità di darsi un significato da sola, inizia a perdere il senso di sé, scivola nella follia e nella pazzia trova la capacità di parlare contro le ingiustizie fatte a lei da coloro che la circondano. Attraverso canzoni sconce e fiori carichi di metafore, Ofelia si esprime contro coloro che hanno abusato di lei per il loro tornaconto, ma le sue parole e suoi gesti vengono privati del loro contenuto e usati per fini politici: Laerte e il re Claudio usano la sua follia per sostenere il loro complotto contro Amleto, che, se avesse avuto successo, avrebbe permesso a Claudio di rimanere al potere e dato a Laerte un alto rango a corte, magari lo stesso del padre. Il suicidio diventa allora per Ofelia un modo per fuggire a una vita divenuta  insostenibile. La nobildonna di Shakespeare, un'anima tormentata che crea ghirlande con i fiori di campo, cade da un salice su cui si è arrampicata con in mano "fiori di corvo, ortiche, margherite e lunghi viola" in un ruscello, cantando "brani di vecchie melodie" finché i suoi vestiti zuppi d'acqua la trascinano sotto fino "alla morte fangosa"Tra tutte le figure femminili shakespeariane, lei è quella che ha maggiormente suggestionato registi, attori, letterati, musicisti e pittori. Di gran lunga il dipinto più noto, l'immagine inquietante della ragazza annegata e inghirlandata di fiori, è quello del preraffaellita John Everett Millais che quasi uccise la sua modella, Lizzie Siddall, lasciandola sdraiata per tanto tempo in una vasca di acqua fredda. La sua Ophelia è  uno dei pezzi più iconici dell'arte del XIX secolo, perché in sé racchiude gli ideali del Romanticismo, nonché i principi successivi proposti dall'Art Nouveau. Il dipinto di Millais si basa sulla descrizione della regina Gertrude nell'atto IV dell'Amleto e ritrae il momento in cui Ofelia, impazzita dal dolore per l'omicidio di suo padre da parte del suo amato Amleto, "giace nell'acqua cantando canzoni" e, "come incapace della propria angoscia", si annega. La scelta di Millais di riprodurre una scena che di solito non è inclusa negli adattamenti teatrali proprio perché nel testo è menzionata solo nella descrizione della regina, nutre i sensi. La sua Ofelia dai capelli ramati che si allargano intorno al viso in un'aureola simile a una sirena, la veste d'argento ricamata che fluttua con lei ma aiuta anche a tirarla giù, una corona di violette intorno al collo come una catena, sguardo assente, le labbra socchiuse e le mani alzate che, prive di lotta per l'annegamento, si arrendono alla morte, è una immagine che oscilla tra Eros e Thanatos. Raffigura una donna vulnerabile che desiderava essere felice ma trovò il suo destino sull'orlo della morte.

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