La magia di Shakespeare è quella di aver creato personaggi brillanti anche se secondari. Nell’Enrico IV, capolavoro rivoluzionario del 1596, non è il re che parla, ma uomini e donne comuni sono i veri protagonisti del dramma. Protagonisti sfacciati, eccezionali, ribelli, sobillatori che si muovono rapidamente e facilmente tra la corte di Westminster, le taverne di Eastcheap, i campi di battaglia di frontiera e le campagne del Gloucestershire e del Kent. Attraverso la storia nell’Enrico IV il drammaturgo analizza l’anima della nazione. Lo fa con una prosa che ci regala la totalità delle voci inglesi e con un realismo che gli deriva dalla vicinanza alla gente comune, dal prestare attenzione alla varietà dei loro linguaggi, dall’origliare le loro conversazioni, dal catturarne le chiacchiere. Nell’Enrico IV quel genio di Shakespeare mostra come realmente l’Inghilterra è nella sua interezza del suo tempo a ogni livello sociale. Il capobanda della ciurma scellerata di personaggi che si alternano nel dramma è John Falstaff machiavellico precettore del principe Hal con cui langue nei bordelli e nelle taverne di Eastcheap a bere e fare baldoria. Al suo principe, durante gli anni selvaggi della giovinezza, Sir John (che in una prospettiva psicoanalitica si presenta come sostitutivo paterno) si preoccupa d’insegnare non l’onore e la virtù (Cos'è l'onore? Una parola. Enrico IV Parte 1, Atto 5 Scena 1), ma il carisma. il potere del linguaggio, la conoscenza degli uomini e l'arguzia, qualità che possiede e che fa da controparte alla sua debolezza morale. Grosso, chiassoso, palpitante, Falstaff è un anziano cavaliere ironico e irriverente, un pomposo veterano, donnaiolo, indegno, inaffidabile. È un codardo (fugge dalla battaglia di Shrewsbury nel luglio 1403) cinico, edonista e calcolatore che vive di piccoli furti e denaro prestato. Il cavaliere immaginato da Shakespeare è un briccone gaudente che lotta contro ogni forma di potere e che sa che la storia è un flusso ironico di capovolgimenti. Un personaggio che racconta bugie e che inventa la sua storia quando è sotto pressione. Alloggia nella Taverna Alla Testa di Cinghiale (Boar's Head Tavern) dove il suo status e la sua reputazione dipendono interamente dalla sua associazione con il principe Hal e dalla borsa di Hal, mentre la sua sistemazione per dormire dipende dal chiedere favori alla padrona, la signora Quickly, alla quale è debitore. Falstaff, che è arguto ma non ipocrita, è anche vitalità, passione, cuore, divertimento. Il suo linguaggio è ricco, energico, inebriante, straripante come la sua compagnia. La sua pancia ricorda l’abbondanza, e Shakespeare lascia che sir John trabocchi negli spettatori e nella regina Elisabetta, che ne rimane affascinata. Signore del malgoverno e del vizio morale, “maestro dei miei stravizi” lo definisce il principe Hal quando, salito al trono come Enrico V, amaramente lo ripudia, spezzandone il cuore e decretandone la morte: "Io non ti conosco, vecchio". "Tutto nel mondo è una burla" gli farà dire Giuseppe Verdi, avvinto dall’inesausto amore per Shakespeare e dalla bellezza del personaggio, nell’opera lirica del 1893 a Falstaff dedicata e con la quale il Maestro concluse la sua straordinaria attività. Ma è proprio questo spontaneo godimento della vita senza alcun riserbo, la gioiosa accettazione dei difetti, delle mancanze della natura umana, dell'irrazionalità del nostro subconscio, della parte ribelle che tutti desideriamo, a far si che sir John appartenga a tutte le età e le nazioni. Il suo successo presso il pubblico è rimasto immutato nel corso degli anni.
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