Merleau - Ponty: il corpo al centro del sistema filosofico





All'inizio dell'età moderna il filosofo francese Descartes (1596 - 1650) proclama: penso, dunque sono. In questo modo, attraverso il ritiro nella pura interiorità dell'autocoscienza, Descartes (italianizzato Cartesio) difende il primato e l'autonomia del soggetto umano individuale razionale riflessivo (il cogito) e separa la coscienza dal corpo, la percezione dai corpi che la percepiscono. La relazione di questo soggetto con il mondo esterno è una relazione di comprensione razionale: dalla verità inconfutabile e indubitabile dell'"io penso" autonomo all'interno dell'essere umano, l'io può stabilire il suo esterno, il suo rapporto con il mondo e le cose. Questo è il preludio di una lunga storia di meditazioni la cui eredità è arrivata fino ai giorni nostri. Non è forse vero che, per comprendere la vera natura delle cose abbiamo imparato a privilegiare la mente sul corpo, la conoscenza metodica dello scienziato, le sue analisi e i suoi calcoli, negando che il nostro vedere, il nostro udire, il nostro sentire corporeo possono cogliere la verità? Non è forse vero che i filosofi presi dalle astrazioni e dalle teorizzazioni sul mondo si sono allontanati da ciò che la trama della vita reale è in realtà? Già Friedrich Nietzsche (1844 - 1900) nella sua filosofia ripetutamente sottolinea che il corpo merita più attenzione di tutti gli impulsi mentali, che sono solo "qualcosa nel corpo". "Il pensiero è serio solo attraverso il corpo" scrive polemicamente il poeta Paul Valéry (1871 -1945) contro l'esclusività di un “cogito” spogliato dei suoi involucri “esterni”. Ma è il filosofo francese Merleau-Ponty (1908 - 1961)  forse il primo dai tempi di Cartesio a porre al centro del suo progetto fenomenologico il corpo, sfidando il dualismo cartesiano mente-corpo/ soggetto-oggetto, opponendosi all'assioma di Agostino (354 d.C. - 430 d.C.): “Non uscire, torna in te stesso; La verità abita nell'uomo”. Merleau-Ponty nella sua Fenomenologia della percezione (1945) dà al cogito una base "incarnata": siamo sempre e inseparabilmente i nostri corpi, carne, prima di essere pensiero, riflessione, scienza. Impossibile è immaginare il pensiero disincarnato, astratto dal corpo senza alcun senso funzionante. E i nostri corpi non sono qualcosa in cui vive la nostra mente, ma sono corpi "aperti", invischiati con il mondo: "Il mondo non è un oggetto la cui legge di costituzione è in mio possesso anticipato, ma è il campo naturale e l'ambiente di ogni mio pensiero e percezione espressiva. La verità 'abita' non solo l' 'uomo interiore', anzi non c'è nessun uomo interiore: l'uomo è parte del mondo, conosce se stesso solo nel mondo". Il nostro corpo è la nostra apertura preriflessiva al mondo. Per Merleau - Ponty è attraverso il corpo che sentiamo qualcosa, e sempre attraverso il corpo abbiamo un contatto (tocchiamo, sentiamo, ci muoviamo…) con il mondo che precede ogni pensiero razionale su di essoSiamo nel mondo come soggetti-corpi, ed è proprio attraverso questa concettualizzazione della soggettività incarnata che Merleau - Ponty sfida l'idea che il corpo sia qualcosa di separato dalla mente e che  sia nel mondo come oggetto tra gli altri oggetti con cui interagiamo. Dentro e attraverso i nostri corpi, vivendo con essi e attraverso di essi, abbiamo un mondo e abbiamo significato in un mondo sociale complesso, al di là delle astrazioni, dei resoconti intellettualistici della coscienza e della logica cartesiana. Piuttosto che l'ego distaccato di Cartesio, Merleau - Ponty (sulla scia del lavoro pionieristico di Edmund Husserl di rendere giustizia alla descrizione di ciò che la nostra esperienza vissuta di tutti i giorni è in realtà prima di affrettarsi a spiegarla) sottolinea l'importanza della percezione e nell'introduzione a Fenomenologia della percezione, scrive: "la vera filosofia consiste nel reimparare a guardare il mondo",  il mondo che "è li prima di ogni analisi", che ci si apre attraverso i nostri sensi e attraverso la pratica della vita quotidiana, un mondo storico, fisico e sociale condiviso, in cui città, strade, chiese … hanno significati che condividiamo con altre persone. Attraverso la percezione, il corpo è chiamato a impegnarsi, a scegliere, a mettere a fuoco il mondo prima che entri in gioco qualsiasi riflessione verbale, e a preparare la scena per qualunque cosa pensiamo, diciamo e facciamo. In altri termini, il corpo è il mezzo attraverso cui passa tutto ciò che percepiamo. Attraverso il corpo incontriamo quotidianamente il mondo che ci circonda, un mondo che provoca domande o problemi che devono essere risolti. Un mondo in cui siamo presenti qui e ora, in cui dobbiamo impegnarci a essere "perpetui principianti", meravigliandoci anche degli aspetti solo apparentemente, ripetitivi e banali del divenire, prestando attenzione continua a ciò che è davanti a noi, "rimanendo aperti alle avventure dell'esperienza", dilatando il nostro essere nel mondo, alterando la nostra esistenza incorporando nuovi strumenti per non rimanere prigionieri delle “reti del mondo della vita” (Bernhard Waldenfels) che da un lato ci tengono nel mondo, ma allo stesso tempo ci  legano al nostro mondo abituale e alla vista conosciuta delle cose, con il pericolo costante di abituarci ciecamente alla nostra vita familiare. Platone aveva trovato per questo la famosa "Allegoria della Caverna", per indicare quell'oblio che minaccia sempre la nostra percezione delle cose. Per Merleau-Ponty è l'arte moderna in particolare, soprattutto la pittura, che ci insegna ad avvicinarci il più possibile alle cose con tutti i nostri sensi per amore della verità, sovvertendo l'aspetto addomesticato e prevedibile del nostro percepire corporeo, mettendo davanti a noi lo "stupefacente", ciò di cui bisogna meravigliarsi. L'arte tiene desti i nostri sensi invitandoci ad andare lontano e uscire dal preconfezionato: "La percezione ha una dimensione creativa ed espressiva che si manifesta nell'arte e i dipinti sono manifestazioni dell'espressività di uno stile percettivo in un mezzo più malleabile". Cézanne (a cui fa riferimento Merleau-Ponty nel saggio L'occhio e lo spirito)  appartiene a un gruppo di artisti (impressionisti, tardi impressionisti, fauvisti, cubisti, surrealisti …) che lavora in Francia a cavallo dei secoli e i cui dipinti sono salutati oggi come i precursori dell'arte moderna. Questi pittori sconvolgono la nostra percezione e con successo confondono, se non addirittura distruggono la nostra normale visione delle cose, segnando l'inizio della nuova era nell'arte in cui l'adesione formale alla rappresentazione realistica è sostituita da interpretazioni espressive in cui la linea, la forma e il colore prendono il sopravvento. In particolare le opere di Cézanne, spiega Merleau-Ponty, sono come "una determinazione proto-fenomenologica a rappresentare la nascita della percezione attraverso la pittura". Cézanne, prima del ragionamento, del discorso, delle leggi della prospettiva geometrica, sviluppa uno stile analitico semplificando e spiegando il mondo, la realtà attraverso forme basilari per arrivare "alle radici dell'essere stesso, alla sorgente intangibile delle sensazioni vissute" prima che le cose diventino di nuovo note o come scrive Merleau-Ponty "mentre le cose sono ancora non dette" ossia non ancora collocate nell'orizzonte della scienza e della riflessione. Cézanne osa andare lontano con la percezione, ben oltre l'impostazione cartesiana del 'dentro' e del 'fuori' del pensiero, il dualismo dell'autoreferenzialità soggettiva da un lato e dei corpi e delle cose oggettivabili in un mondo più o meno fisso dall'altro. La sua arte è un esempio di quanto siamo vicini alle cose con la percezione, a vederci toccati e toccanti. E' espressione di un ritorno a un mondo preriflessivo, primordiale, selvaggio, grezzo, sorprendente nel suo divenire, incompiuto e che "attende le nostre risposte inventive".  E se la filosofia moderna ha iniziato la sua ricerca di una certezza indiscutibile con la famosa prima meditazione di Cartesio: "Delle cose che si possono mettere in dubbio", la fenomenologia di Merleau-Ponty deve essere intesa come pensiero interrogativo che inizia con un dato: "Delle cose di cui bisogna meravigliarsi".

Il lavoro di Merleau-Ponty è emerso da un suo contesto ricco: la  vita sociale e intellettuale di Parigi alla fine degli anni '40 e '50 dopo gli orrori e la miseria della seconda guerra mondiale. In questo ambiente Merleau-Ponty è diventato amico di Simone de Beauvoir quando hanno studiato filosofia insieme, entrambi all'età di 19 anni, e poco dopo ha conosciuto Jean-Paul Sartre. Alcuni anni dopo, i tre avrebbero lanciato la rivista politica Les Temps modernes. 

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