"Non possiamo fare il bene senza potere ma non possiamo conquistare il potere, né mantenerlo, senza fare il male". Convenzionalmente, etichettare uno come "machiavellico"
significa dire che l'ambizione di raggiungere un obiettivo lo autorizza a fare
qualsiasi cosa perché i fini giustificano qualsiasi mezzo necessario, perfino manipolare gli altri a loro discapito.
Il filosofo-politico italiano Niccolò Machiavelli è stata una risorsa infinita per i drammaturghi inglesi. C'è il cupo e impegnativo Ebreo di Malta di Marlowe, l'oscuro Doctor Faust, ma è in Shakespeare che l'influenza del politico è più evidente. Che Shakespeare abbia letto direttamente o meno Machiavelli è questione aperta. Di certo Il Principe ha ispirato una serie di personaggi subdoli tra cui Iago, Edmund, Riccardo II, Riccardo III e Macbeth che all'inizio dell'omonima tragedia è tutto fuorché machiavellico, ma è precipitato in considerazioni e calcoli machiavellici da eventi fortuiti e opportunità.
Machiavelli nacque nella fiorente ma travagliata Firenze il 3 maggio 1469. Fu diplomatico, storico, filosofo, politico, poeta e commediografo. Servì la Repubblica di Firenze come diplomatico e ambasciatore dal 1498 al 1512 ed ebbe contatti diretti con la maggior parte dei principali sovrani e comandanti militari del suo tempo, da Luigi XII di Francia e l'imperatore Massimiliano I a papa Giulio II e Cesare Borgia, comandante mercenario e figlio illegittimo del licenzioso pontefice Alessandro VI.
Analista prolifico e riflessivo degli eventi a lui contemporanei, Machiavelli attinse alla sua esperienza personale nella stesura del Principe. L'influente trattato politico scritto nel 1513 ha avuto un immenso impatto sulla cultura occidentale ed è una pietra angolare nella scrittura e nella pratica politica. Il franco resoconto del potere principesco del libro rese presto il nome dell'autore sinonimo di demonio, di mostro malvagio, eretico e blasfemo, che si dilettava a raggiungere il potere con mezzi malvagi, che incoraggiava una politica cinica e sanguinaria. Il machiavelli omicida di Shakespeare è il più noto di molti riferimenti letterari peggiorativi. Nell'Inghilterra elisabettiana il Principe fu interpretato come una guida per i tiranni, e Machiavelli divenne un autore bandito perché aveva spogliato l'azione politica della morale e indicato la scorciatoia per una politica subdola, astuta, intrigante e senza scrupoli. C'erano edizioni in italiano e latino dei suoi scritti politici, ma non in inglese. C'erano traduzioni in francese e in tedesco, osservazioni e dissertazioni che basandosi sulle traduzione erano di fatto ingarbugliate. La conseguenza con molta probabilità fu che gli inglesi usarono il termine "machiavellico" senza aver mai letto nulla dell'autore.
Nietzsche in Al di là del bene e del male rese omaggio alle idee di Machiavelli, ma fu solo nel XX secolo che la filosofia politica del Principe finalmente ricevette una giusta valutazione, con il riconoscimento dell'approccio innovativo di Machiavelli a un'ampia varietà di argomenti cruciali. Vivendo in tempi instabili (le cinque principali potenze italiane – Firenze, Venezia, Milano,
Stato Pontificio e Napoli – erano devastate da intrighi, trattative e
conflitti costanti, resi ancora più complessi dall'invasione Re di Francia,
Carlo VIII, nel 1494), Niccolò Machiavelli conosceva bene gli inganni e le brutalità che covavano al di sotto delle ricchezze artistiche e culturali dell'Italia rinascimentale. Il suo
genio risiedeva nella sua capacità di vedere e nella sua onestà nell'ammetterlo, riconoscendo come compito dell'intellettuale una certa risolutezza verso la verità. L'analista più perspicace
del Quattrocento si interrogò su quanto dovesse essere elastica
l'onestà o l'etica di un sovrano, dando al contempo una chiara visione di
quello che alberga nelle menti dei governanti e avvertendo dei pericoli di uno
stato mal governato. Si concentrò su alcuni leader politici (Giulio Cesare, papa Alessandro VI, papa Giulio II) e propose Cesare Borgia come esempio: "Non saprei quale consiglio migliore dare a un
sovrano che seguire il suo esempio". Nella complicata geografia politica dell'Italia del XV secolo ciò che impressionò Machiavelli non
fu tanto la cattiveria di Cesare quanto la sua prontezza a fare ciò che era
necessario quando era necessario (inclusa la guerra) senza vacillare o cercare la via di mezzo. Solo questo tipo di determinazione a
sangue freddo, questa "virtù", secondo il funzionario italiano, avrebbe permesso a un principe di sottomettere la fortuna (l'elemento di incertezza nella vita umana), sopravvivere, trionfare, e di conseguenza garantire stabilità e continuità al suo stato.
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