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Alice nel Paese delle Meraviglie e il nonsense

Fino a tempi recenti l'uso del termine nonsense (gioco logico-linguistico)  è stato radicato più saldamente al genere della letteratura per bambini, ritenuta luogo appropriato per le “sciocchezze/assurdità”. È solo nell’ultimo quarto del ventesimo secolo che i critici hanno cominciato a prendere sul serio l’etichetta, riconoscendo il nonsense letterario come un genere a sé stante. Da allora, molti critici hanno iniziato a guardare più da vicino i nonsense, le “sciocchezze” di Carroll. Non si tratta di semplici parole senza senso ma di una vera e propria forma d'arte che fu introdotta per la prima volta nella letteratura dall'illustratore Edward Lear (1812 – 1887) che irruppe sulla scena letteraria del 1846 con i suoi folli giochi di parole  nella raccolta A Book of Nonsense che conteneva circa 115 limerick caratterizzati da una totale mancanza di significato o scopo, e che divenne un bestseller immediato. Privando parole e nomi del loro significato etimologico, Book of Nonsense aprì ai vittoriani un mondo completamente nuovo di giochi di parole contagiosi, dialoghi insensati, fantasia infantile e avventure surreali. 




In questo senso da Lear a Carroll il passo è breve. Prendendo in giro il linguaggio e il suo potere di nominare, conoscere e possedere il mondo, per entrambi i nonsensi erano una fuga in una realtà più vivida e fantasiosa.  Alice sogna di andare nel Paese delle Meraviglie ( per la trama del libro si veda qui) e lì sperimenta cose inimmaginabili ed estremamente strane.  La sicurezza dello spazio e del tempo qui è completamente persa, e l'inaffidabilità della logica e della razionalità si riflette nell'inaffidabilità del linguaggio e della comunicazione con i giochi di parole, gli enigmi senza senso, gli scioglilingua che complicano o ostacolano la relazione con il mondo di là.  In questo mondo fantastico Alice sembra non trovare mai le parole giuste. Perde perfino le sue conoscenze scolastiche quando ad esempio, non riesce più a ricordare le poesie che ha imparato a memoria. Quando cerca di recitarle (ad esempio quando il bruco glielo chiede) tutto ciò che esce dalla bocca di Alice sono “sciocchezze”. 



Da enigmista e filosofo del linguaggio, Carroll (utilizzando tecniche e espedienti stilistici nell'elaborazione del nonsense) cambia sia la natura che la funzione del linguaggio, per ridurlo a materia sonora e per svuotarlo dei significati che dovrebbe portare con sé. I concetti sono ridotti all'assurdità, e il linguaggio acquisisce una qualità di stranezza contro i modelli formali di interpretazione.  Nessun altro libro per bambini ha sfidato filosofi e teorici del linguaggio. Per la linguistica e la semiotica la storia è un vero tesoro con i suoi abissali capovolgimenti della logica, giochi linguistici parodicamente ricchi e paradossi logico-semantici. 


A un livello più letterario, c'è il puro divertimento di vedere le parole liberate dalle catene del significato. I versi e la prosa senza senso ci permettono di godere delle parole per il loro suono e per le immagini che evocano da sole. Una vera delizia per i lettori, e una sfida ardua  per tutti i traduttori che, nel corso dei decenni hanno affrontato questo testo. Chi può resistere? ( Si veda Le Avventure di Alice: storia di un work in progress )


 

Immagini di Alice di Susie Linn

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