In uno scritto intitolato "Il labirinto", la scrittrice statunitense Anais Nin, musa di Artuad e Breton, spinge il suo simbolismo fino alle soglie dell'esperienza surrealista e riproduce, in termini surrealisti, l'esperienza esistenziale come percorso labirintico per eccellenza contraddistinto per ciascun individuo, ed in forma più o meno consapevole, da un sentimento di smarrimento generalizzato, da un senso di disorientamento dal quale è difficile riscattare la propria mente ed il proprio cuore. Anche secondo il filosofo francese Bachelard l'esperienza del labirinto è una costante dell'essere umano già fin dalla primissima infanzia, quando cioè la vita stessa si identifica, per ciascun bambino, con la presenza del bene assoluto: la madre, che vuol dire nutrimento, calore, sicurezza. L'assenza temporanea della figura materna, di contro, rappresenta il nulla dell'assenza. Il labirinto è dunque, prima di tutto, un'assenza, un silenzio: "A