Passa ai contenuti principali

La filosofia è necessaria: il metodo zetetico.

L’insegnamento della filosofia, soprattutto nella scuola, si colloca da sempre in un equilibrio delicato tra trasmissione di contenuti storico-dottrinali e formazione di un’autentica capacità di pensare. Nella tradizione pedagogica moderna, Immanuel Kant ha formulato un principio che è diventato un riferimento imprescindibile: “la filosofia non si può insegnare; si può solo insegnare a filosofare”. Questa affermazione, apparentemente paradossale, racchiude un’idea decisiva: la filosofia non è un insieme di nozioni da memorizzare, ma un’attività, un esercizio continuo dello spirito critico.
Secondo il detto kantiano per cui "la filosofia non si può insegnare: si può solo insegnare a filosofare", la filosofia deve avviare l'allievo all'esercizio delle capacità razionali partendo dall'esperienza quotidiana, dall'analisi dei problemi che nascono dalla vita, dal rapporto quotidiano con il mondo, e interpretarli come questioni più generali.
Una interrogazione continuamente rinnovantesi sui problemi dell'esperienza umana questa deve essere la logica d'insegnamento del filosofare che si arricchisce attraverso lo studio dei classici e il dialogo con gli autori del passato.
Questo è il metodo zetetico (da zetesis = indagine) auspicato da Kant.
Seguendo questo metodo, l'insegnante di filosofia, nella scuola, potrebbe decidere di trattare una sola tematica, magari partendo da una ricerca aperta sui problemi rilevanti per il mondo giovanile, con le finalità di guidare i discenti all'esercizio del pensiero critico fino a un ampliamento di orizzonti, fino a formare individui critici e razionali capaci di correggersi reciprocamente scoprendo i classici e la storia della filosofia come "storia di problemi, di teorie, di critiche e errori" (Dario Antiseri)
Cercare o esaminare, procedere per indagine, non dare nulla per scontato, mantenere viva la tradizione razionale occidentale e far si che essa possa coesistere con le domande dell'esperienza individuale degli alunni, questa è la finalità dell'esercizio a filosofare che il metodo zetetico propone.
L’approccio zetetico, dunque, non riduce la filosofia a una mera sequenza di autori, date e sistemi concettuali; al contrario, restituisce alla disciplina la sua natura originaria: quella di un’interrogazione incessante che nasce dai problemi concreti dell’esistenza. In questa prospettiva, la storia della filosofia diventa una grande conversazione attraverso i secoli: non un museo di idee morte, ma un laboratorio di risposte, tentativi, errori fecondi, che l’allievo può confrontare con le proprie domande e inquietudini. L’insegnante assume allora il ruolo di guida nel processo di indagine: non tanto colui che possiede tutte le risposte, quanto colui che sa formulare buone domande, stimolare l’argomentazione, dischiudere nuovi punti di vista. L’esperienza quotidiana degli studenti diventa il luogo da cui partire per leggere i problemi universali: la libertà, la giustizia, la conoscenza, il senso della vita, il rapporto con l’altro e con il mondo. Così la filosofia riacquista la sua funzione formativa più alta: rendere gli individui capaci di pensare autonomamente, discutere razionalmente, dubitare con metodo, correggersi attraverso il confronto. In tal modo il metodo zetetico non è soltanto una tecnica didattica, ma una vera e propria etica dell’apprendimento: invita a mettere in questione le proprie convinzioni, a esercitare il dubbio come strumento costruttivo, a tenere insieme tradizione e esperienza personale. La classe diventa allora una comunità di ricerca, un luogo in cui si impara a filosofare perché si impara a interrogare il mondo.



Commenti

Post popolari

L'infanzia nel medioevo e nell'età moderna

Tra gli avvenimenti più significativi dell'età moderna, l'invenzione della stampa, le rivoluzioni politiche, l'ascesa della borghesia, la rivoluzione scientifica, c'è la scoperta dell'infanzia. Philippe Ariès, storico francese in un suo libro pubblicato nel 1960, ha sostenuto che l'infanzia nasce con l'età moderna. L'infanzia nelle classi agiate comincia ad essere considerata con il Rinascimento e si afferma nel XVII secolo. Nei dipinti medioevali, per esempio, i bambini erano ritratti come piccoli adulti,  con gli stessi abiti e persino lo stesso volto. Non erano mai raffigurati da soli segno che la loro individualità non è contemplata. Nella festa selvaggia di Brueghell i bambini mangiano e bevono in mezzo a uomini e donne che si rincorrono senza controllo. É solo in età moderna  che compaiono i primi ritratti di bambini, da soli o in gruppo e con sembianze infantili, mentre giocano fra loro. Dunque nel medioevo l'infanzia era sostanzialmente ign...

Romeo e Giulietta : quando l'amore incrocia l'ombra della morte.

Romeo e Giulietta è, insieme all'Amleto, la più rappresentata delle tragedie shakespeariane, e probabilmente la prima a essere rappresentata fuori dai confini del Regno Unito, nel 1604 in una città della Baviera (Germania). Il Globe, vero teatro shakespeariano, sarebbe stato costruito  nel 1599  e la compagnia di fiducia del Bardo, la Lord Chamberlain’s Men (servi del Lord Ciambellano), mise in scena la tragedia (1597) con probabilità al The Curtain, teatro londinese a quel tempo molto in voga nel sobborgo di Shoreditch, una zona anarchica, selvaggia, ma anche incredibilmente gioiosa. All’epoca gli spettacoli erano annunciati da una didascalia posta all’ingresso del teatro accompagnata da uno stendardo: nero per le tragedie, bianco per le commedie e rosso per le rappresentazioni storiche.  La trama di Romeo e Giulietta non era una novità  perché  l’autore si era ispirato a The tragical history of Romeus and Juliet  di Arthur Brooke del 1562. Gli attori...