Lo Zen.

Lo Zen non è una filosofia, né una psicologia, né una dottrina. Lo Zen è al di là delle filosofie, dei concetti, delle forme. L’essenza dello Zen non è esprimibile in parole. Solo praticandolo lo si può comprendere. Il segreto dello Zen consiste nel rimaner seduti, semplicemente, senza scopo e senza spirito di profitto, in una posizione di grande concentrazione. Lo Zen è essenzialmente un'esperienza.
Taisen Deshimaru

Sia che intraprendessero o meno la disciplina Zen, gli scrittori di haiku si ritenevano seguaci dello spirito Zen del quale le loro poesie ne esprimevano gli ideali. Cerchiamo innanzitutto di capire, fermo restando che "l'essenza dello zen non è esprimibile a parole" il contesto culturale nel quale si sviluppò lo Zen in Cina per poi essere diffuso in Giappone ad opera di Saichō Dengyō Daishi e della sua Scuola sul monte Hiei.
L’epoca T'ang fu l’età d’oro della Cina, una delle epoche più ricche della storia cinese; il suo inizio si può datare all'incirca dopo la caduta dell’Impero Romano d’Occidente e la sua fine ben oltre la prima Crociata. Gli uomini che la vissero mirarono a raggiungere la perfezione nelle loro vite e nelle arti convinti che lo scopo dell’esistenza fosse dare significato a qualcosa di più profondo, essenziale, spirituale, quindi, al di là di ogni comprensione razionale e di ogni fine utilitaristico. La poesia e la pittura vennero intese come “vie” per raggiungere la verità, strumenti in grado di mettere gli uomini in contatto con l’assoluto. Una tappa fondamentale nell'acquisizione di un punto di vista assoluto era il “risveglio”, il prendere coscienza di se stessi per arrivare a conoscere di se stessi, la natura autentica, più profonda, quella cioè che, come dicono i Sutra, testi sacri del buddhismo,  contiene la  storia individuale, la storia personale che appartiene al singolo e nello stesso tempo è infinita in quanto immersa  nella grande vita universale. La natura più profonda di ognuno è anche quella dell’universo, delle rocce delle onde dell’oceano, degli uccelli e dei pesci, dicono i maestri, ed è una natura di luce e compassione  pura.

Se sei in riva al fiume, e se senti la bellezza del fiume, se riesci a fare tutt’uno col fiume, allora stai agendo intuitivamente con il tuo spirito Zen, con il tuo spirito illuminato.

Lo Zen cominciò la sua rapida crescita nella prima Cina della dinastia T'ang come prodotto dello sviluppo del buddhismo da poco introdotto dal monaco indiano Bodhidharma e del Taoismo;  i maestri Zen, basandosi su  una rigida disciplina e sulla meditazione si proponevano di guidare gli allievi verso la scoperta di quello che la psicologia chiama il sé più profondo, la mente originaria -quella che spesso è ricoperta da uno spesso strato di idee ricevute, paure, aspettative- “la natura di Buddha, che tutti abbiamo, rinchiusa come un gioiello nel risvolto dei nostri vecchi cappotti”.

Il metodo per staccarsi dal corpo consiste nel meditare sul concetto di vuoto. Lascia che la mente e il suo mondo si acquietino sino a raggiungere un perfetto stato di  tranquillità; lascia che il pensiero si inoltri entro il mistero della quiete in modo che la mente non vada vagando da una cosa all'altra. Quando la mente si è acquietata nella sua dimora più intima. I suoi grovigli sono tranciati, la mente nella sua totale purezza è il nulla...Assenza di conflitti, assenza di desideri, assenza di forma: questa è la vera emancipazione.                                                                  

Meditare sul concetto di vuoto, arrivare alla consapevolezza del nulla assoluto, del non-attaccamento: l’illuminazione, il satori, punto focale della meditazione, doveva necessariamente portare a una trasformazione dello spirito. Un tale sforzo poteva anche richiedere anni e non sempre era certo che la trasformazione sarebbe avvenuta. Templi e monasteri, erano i luoghi ideali per chi ricercava la verità; qui i maestri  facevano tutto ciò che era in loro possesso per guidare gli allievi verso il “risveglio”, verso la liberazione dei vincoli spazio-tempo, causa-effetto. Uno dei sistemi adottati era il koan, un problema su cui meditare che non sempre aveva una soluzione logica e la soluzione stava quindi nell'intenzione. Il proposito, attraverso gli assurdi enigmi del koan, era quello di screditare l'aspetto logico verbale della mente in modo che la realtà potesse essere percepita intuitivamente. Lo Zen invitava in tal modo a sperimentare la realtà senza l'intervento dell'intelletto, dell'analisi. I maestri Zen, al contempo poeti e pittori, formulavano giudizi riguardanti il livello di conoscenza spirituale posseduto dagli allievi sulla  base delle opere da essi prodotte.
Attraverso le arti i maestri esprimevano intuizioni altrimenti non esprimibili. L’arte ebbe, durante l’epoca T'ang, un ruolo importante nella vita delle comunità Zen; essa fu influenzata da tale filosofia e ne influenzò lo sviluppo.  





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Per ulteriori approfondimenti sullo Zen si rimanda agli studi di Lucien Stryk e Daisetsu Teitaro Suzuki da cui ho tratto informazioni.



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