L'aiuto (The Help)


Titolo: L'aiuto

Autore: Kathryn Stockett
Casa editrice: Mondadori
Prezzo: € 18,00 (cartaceo); € 6,99 (digitale)


The Help (L’aiuto) un romanzo di Kathryn Stockett edito Mondadori è un romanzo sul razzismo; è l’accorata narrazione sulla vita di alcune donne di “colore” nei primi anni sessanta a Jackson, Mississipi, quando si ascoltava per le prime volte alla radio Bob Dylan e quando iniziavano le prime marce di Martin Luther King. Quando veniva esplicitamente detto che “nero” voleva dire sporco e malattie e quando alle persone di “colore” era fatto divieto di frequentare gli stessi ambienti pubblici e privati dei “bianchi”. E' un romano dolce e malinconico che emoziona e commuove.

Leggiamo...

Aibileen – Agosto 1962. 
Mae Mobley è nata nel 1960, in agosto, una domenica mattina presto. Quelli che nascono la domenica mattina li chiamano bambini di chiesa. Io mi prendo cura dei bambini bianchi, è questo che faccio, e poi cucino e faccio le pulizie. Nella mia vita ne ho tirati su diciassette. So farli addormentare e smettere di piangere, e so farli andare di corpo prima ancora che la loro mamma scenda dal letto al mattino. Ma una piccola che urla come Mae Mobley Leefolt non l’avevo mai vista. Il primo giorno che metto piede in quella casa, lei è lì, rossa come un peperone, che grida per il mal di pancia e spinge via il biberon come una rapa marcia. Miss Leefolt guarda spaventata sua figlia. ”Ma che cosa sbaglio? Perché non riesco a farla smettere, questa qui?” Questa qui? Capisco subito che qualcosa non va. Allora prendo in braccio la piccolina tutta rossa e urlante, la faccio dondolare sul fianco per muovere l’aria, e nel giro di due minuti smette di piangere e comincia a sorridermi come sa fare lei. Miss Leefolt, invece, non la prende più in braccio per tutta la giornata. Ne ho viste tante di donne giù di corda dopo che hanno avuto un figlio. Io ho pensato che fosse proprio questo il problema. C’è una cosa da dire su Miss Leefolt: non solo ha sempre la faccia arrabbiata, ma è anche magra come un chiodo. Ha le gambe così secche che sembra che le siano cresciute la settimana scorsa. A ventitré anni è smilza come un ragazzino di quattordici. Anche i capelli castani sono tanto sottili che ci vedi attraverso. Lei prova a cotonarli, ma sembrano ancora più fini. La faccia ha la stessa forma del diavolo rosso sulla scatola delle caramelle alla cannella, col mento a punto e tutto il resto. Il fatto è che il suo corpo è così pieno di spunzoni e spigoli che non mi stupisco che non riesca a far calmare sua figlia. Ai bambini piace il grasso, gli piace affondare la faccia nella tua ascella e addormentarsi. Gli piacciono pure le gambe belle grasse. Ah, lo so benissimo. A un anno Mae Mobley mi seguiva dappertutto per casa. Al pomeriggio, quando stavo per andarmene, si trascinava sul pavimento piangendo aggrappata ai miei zoccoli Dr. Scholl’s per paura che io non tornassi mai più. Miss Leefolt mi guardava storto come se avessi fatto qualcosa di sbagliato e strappava via la bambina dai miei piedi. Io penso che questo è il rischio che corri quando fai crescere i tuoi figli da qualcun altro. Mae Mobley adesso ha due anni. Ha gli occhi grandi, marroni, e riccioli colore del miele, però la chiazza spelacchiata dietro la testa guasta tutto. Quando qualcosa non va le viene la stessa ruga in mezzo alla fronte di sua mamma. Un po’ si assomigliano, pero Mae Mobley è molto grassa. Di certo non diventerà una reginetta di bellezza, e sono sicuro che questo secca molto a Miss Leefolt, ma per me Mae Mobley è la mia bambina speciale. Io ho perso mio figlio, Treelore, proprio prima di andare in servizio da Miss Leefolt. Aveva ventiquattro anni, l’età più bella. È rimasto troppo poco in questo mondo. Aveva un appartamentino là in Foley Street. Stava con una ragazza simpatica, si chiamava Frances, e io mi aspettavo che prima o poi si sposassero, ma lui andava coi piedi di piombo in queste cose. Non perché cercava di meglio, solo che era uno di quelli che ci pensano due volte. Portava dei grandi occhiali e leggeva tutto il tempo. Aveva anche cominciato a scrivere un libro tutto suo, su un uomo di colore che vive e lavora in Mississippi. Oddiosantissimo, com’ero orgogliosa di lui. Lavorava alla segheria Scanlon-Taylor. Quella sera era tardi, e trascinava assai verso il camion con le schegge che gli bucavano i guanti. Lui era troppo piccolo, troppo mingherlino per quel lavoro, ma aveva bisogno di lavorare. Era stanco. Pioveva. È scivolato dalla rampa di carico ed è finito giù per terra. Non ha fatto in tempo a muoversi che quello sul camion a rimorchio non l’ha visto e gli ha schiacciato i polmoni. Quando l’ho saputo io, era già morto. Quello è stato il giorno in cui tutto il mio mondo è diventato nero. L’aria era nera, il sole era nero. Distesa nel letto guardavo i muri neri di casa mia. Minny veniva tutti i giorni per controllare che respirassi ancora. Mi portava anche da mangiare così non morivo. Poi dopo tre mesi ho messo il naso fuori dalla finestra, e il mondo era ancora lì. Che strano: non si era fermato solo perché l’aveva fatto mio figlio. Cinque mesi dopo il funerale mi sono alzata dal letto. Ho messo la divisa bianca, la piccola croce d’oro intorno al collo e sono andata a servizio da Miss Leefolt, che aveva avuto da poco la bambina. Ma non ci ho messo molto a capire che ero cambiata. Era come se mi avessero piantato dentro un seme cattivo, e non mi sentivo più una che manda giù tutto.
The Help è anche un film del 2011 diretto da Tate Taylor.  .
Di seguito il trailer del film da Youtube



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