«Nell’esercizio della scrittura trascorro così tante ore in silenzio e da sola
che la realtà inizia a sfumarsi e finisco con il sentire voci, vedere fantasmi
e reinventare me stessa. Il tempo si ingarbuglia e inizia a procedere concentricamente;
forse il tempo non passa, siamo noi a passare attraverso il tempo; forse lo
spazio è abitato da presenze di tutte le epoche, come diceva mia nonna, e
quanto è successo o succederà coesiste in un presente eterno. La mia mente è
sempre affollata di storie, ma non crediate che ciò mi renda distratta; al
contrario, cammino con gli occhi ben aperti e le orecchie tese, perché anche
quanto accade nel mondo è per me fonte di ispirazione. Vivo attraverso i miei
personaggi e vivo ogni storia come se fosse la mia. Con l’età mi è diventato
più facile scrivere narrativa perché ho vissuto abbastanza da vedere che i
cerchi si chiudono, che tutto è consequenziale, nulla è casuale. Un romanzo non
è diverso dalla vita. In un romanzo, come nella vita, non è importante il
finale, bensì il percorso. La vita si snoda giorno dopo giorno, un romanzo si
dipana parola dopo parola. La scrittura è un lavoro lento, silenzioso e
solitario. I miei nipoti, che mi vedono trascorrere interminabili ore davanti
al computer, credono che sia in castigo.
Perché lo faccio? Non lo so… È un’esigenza naturale, come il sonno o la
maternità. Non sono in grado di spiegare senza cadere nei clichè. Raccontare e
raccontare ancora… è l’unica cosa che voglio fare».
Isabel Allende
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