Capita
molto spesso di ascoltare, in ambito scolastico, lavorativo e soprattutto
quando ci si confronta con altri genitori, storie che narrano del difficile
rapporto che i ragazzi hanno con loro e delle critiche che gli muovono: “tu non
capisci”, non “ti ho chiesto io di venire al mondo”, “ma chi sei tu per dirmi
quello che devo fare?” In parte questo atteggiamento è implicito nel normale
processo di crescita dell'individuo e per la psicoanalisi tale conflitto è
fisiologico. Oggi le distanze fra generazioni si fanno sempre più grandi e non
sono solo distanze geografiche e ambientali ma anche quelle di tempo
legate, ad esempio, ad avanzamento nell'età del concepimento o ai progressi
frenetici delle tecnologia. Ma fino a che punto un genitore può diventare il
peggior nemico dei propri figli? Spesso i ragazzi pensano e credono
di non aver avuto i genitori giusti ma genitori che in qualche modo li
hanno penalizzati nel loro processo di sviluppo verso una condizione di
maggiore serenità e felicità. E in tanti casi questo è vero. All’interno
del contesto familiare si possono verificare una serie di condizioni che
possono portare il giovane a considerare il rapporto genitoriale come un vero e
proprio incubo. Nel caso di violenze fisiche non occorre spendere fiumi di
parole, ma dire semplicemente che un genitore che usa violenza non ha scusanti.
L'aggressività ha sempre radici in profondità che sarebbe opportuno illuminare.
Anche l’assenza dei genitori porta il giovane a non avere sentimenti di stima
verso gli stessi. Umberto Galimberti filosofo e psicanalista sostiene
che l’assenza dei genitori non è mai giustificabile e chi sa a priori di
non avere tempo da trascorrere con i propri i figli si deve esimere dal farli.
Lo psicanalista chiarisce meglio tale concetto sostenendo che i genitori
che non hanno tempo per stare con i bambini si difendono cercando di dare loro
un tempo-”qualità”, ma i bambini hanno bisogno di tempo-quantità. Hanno bisogno
di essere riconosciuti passo dopo passo, disegno dopo disegno, domanda dopo
domanda. Non basta fare quattro week end giocosi per avere una relazione con i
figli. Anche la personalità dei genitori influisce molto sul concetto che
i figli hanno dei genitori, infatti quando un figlio se ne rende conto, vuoi
per cultura vuoi per esperienze personali, ne esce rafforzato perché da adulto
sicuramente eviterà di assumere gli stessi atteggiamenti. Dovrà soltanto
fare attenzione a non usare questi comportamenti come alibi per le sue colpe (
purtroppo con i genitori che ho avuto…)L’importante è riuscire a non vedere i
difetti dei genitori come pregi. Solo collocandoli nella giusta dimensione il
figlio potrà distaccarsene evitando di assumerli come modello. Ma la
colpa più subdola che i ragazzi attribuiscono ai propri genitori è la violenza
psicologica, quella violenza che si mette in atto quando genitori dal
carattere autoritario inseriscono il giovane in una gerarchia familiare a cui
non può ribellarsi. Poggiando su tale gerarchia, su condizionamenti economici
il ragazzo viene totalmente soggiogato dai genitori che cercano di plasmarlo
secondo un copione prestabilito: soddisfazione a scuola, continuazione di
attività familiari, formare una famiglia che sia di gradimento alla famiglia
fino a giungere alla vecchiaia dove il figlio ormai adulto sarà considerato il
bastone della vecchiaia. Purtroppo i condizionamenti religiosi, che
richiedono di onorare il padre e la madre, e quelli sociali,
in cui la società è basata sulla famiglia, non hanno mai dato ai
figli una grande possibilità di sfuggire alla pressione
genitoriale. Quando il ragazzo non riesce a ribellarsi a tale situazione,
e quando ormai è plagiato da tali figure, il distacco resta praticamente
impossibile: il figlio resterà segnato inevitabilmente. Resterà succube di
quella famiglia che sicuramente negli anni avrà allentato la catena ma non
l’avrà mai spezzata. D’altro canto il figlio cercherà sempre di recuperare un
rapporto, compiacendo i genitori, proprio per ricercare quella comprensione e
quell’amore che non ha mai conosciuto. In altri casi può capitare che i figli
arrivati ad un certo punto della loro vita si distacchino dalla famiglia
comportandosi in maniera del tutto diversa, diventando persone forti e stabili;
la loro strategia non è perdonare i genitori, né odiarli ma semplicemente
dimenticarli, rilegarli cioè a un ruolo marginale nella propria vita. Ovviamente
questi sono due casi estremi di strategie messe in atto dai giovani diventati
adulti. Ciò non toglie però che determinati comportamenti perpetrati all'interno
delle mure familiari possono compromettere l'intera personalità del
ragazzo e sfociare in vere e proprie patologie. Dunque l’atteggiamento più
equilibrato da parte dei genitori sarebbe quello di proteggere i figli
dando loro amore con saggezza ed equilibrio; trasmettere fiducia in se stessi;
essere capace di ascoltare dando consigli utili per aumentare l'
autostima; aiutarli a proteggersi da soli nel cammino verso l'autonomia e la
responsabilità.
Tra gli avvenimenti più significativi dell'età moderna, l'invenzione della stampa, le rivoluzioni politiche, l'ascesa della borghesia, la rivoluzione scientifica, c'è la scoperta dell'infanzia. Philippe Ariès, storico francese in un suo libro pubblicato nel 1960, ha sostenuto che l'infanzia nasce con l'età moderna. L'infanzia nelle classi agiate comincia ad essere considerata con il Rinascimento e si afferma nel XVII secolo. Nei dipinti medioevali, per esempio, i bambini erano ritratti come piccoli adulti, con gli stessi abiti e persino lo stesso volto. Non erano mai raffigurati da soli segno che la loro individualità non è contemplata. Nella festa selvaggia di Brueghell i bambini mangiano e bevono in mezzo a uomini e donne che si rincorrono senza controllo. É solo in età moderna che compaiono i primi ritratti di bambini, da soli o in gruppo e con sembianze infantili, mentre giocano fra loro. Dunque nel medioevo l'infanzia era sostanzialmente ign...
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