Coscienza ed inconscio

L'idea di inconscio non era nuova quando Freud la mise al centro della sua teoria, era già presente nella filosofia dal settecento e si era affermata nell'ottocento. Locke, alla fine del '600, nel Saggio sull'intelletto  aveva detto che la coscienza é totale,  arriva dappertutto e che i contenuti mentali sono per definizione coscienti. Leibniz, nei suoi Saggi sull'intelletto umano, aveva sostenuto l'esistenza di piccole percezioni, impressioni intuitive e globali di cui non siamo consapevoli, introducendo l'idea di una parte in ombra della psiche. In seguito l'inconscio si ritrova, seppure in eccezioni diverse, in Shelling, Schopenhauer, Bergson. In psichiatria e psicologia clinica veniva invocato, specie dagli autori francesi, per spiegare sintomi patologici. Freud però ne fa qualcosa di più preciso, inquadrandolo in una teoria organica e articolata. I suoi contenuti sono libidico-sessuali. Le malattie si spiegano per l'attività dinamica della psiche che rimuove i ricordi o fantasie sessuali, lasciandoli a premere nel profondo. La nozione di inconscio di Freud ha avuto un grande successo ed è penetrata nelle rappresentazioni sociali correnti della psiche umana. Alla sua diffusione hanno contribuito anche le trasformazioni storico sociali del XIX e XX secolo. In Europa la borghesia era in crisi, scemava la fiducia nel progresso e nella scienza. L'immagine di un uomo turbato, in crisi, con conflitti interiori, sembrava più realistica di quella dell'individuo positivo, tutto costruttivo e  sicuro di sé.





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