L'arte "degenerata" di Otto Müller e del collettivo Die Brücke

Intesa soprattutto come uno stato d'animo, l'arte esprime la psiche che nei dipinti cerca la propria via. Lo stile pertanto perde la sua importanza e si configura come una armonica semplificazione di forme, di colori e contorni. Questo è l'Espressionismo che permea i ritratti e i paesaggi primitivi del pittore tedesco Otto Müller.


Otto Mueller nacque nel 1874 a Liebau in Slesia, ora parte della Polonia. Apprendista litografo, a vent'anni si trasferì a Dresda per studiare pittura. Nel 1910 si unì al gruppo artistico Die Brücke"(1905 - 1913), un collettivo bohemien di artisti che sviluppò uno stile anti tradizionale caratterizzato da forme spigolose, colori vividi, luminosi, non mescolati, e una modalità di pittura "primitiva". Progenitori dell'espressionismo tedesco, i membri del collettivo, uniti da una forte idea di gruppo in un esercizio artistico autodidatta, con il loro modo di vivere e di lavorare, il loro linguaggio visivo e il loro atteggiamento critico nei confronti della pittura tradizionale, oltre ai risultati artistici, diventarono anche espressione ed esempio di un nuovo atteggiamento nei confronti della vita. Un volantino che all'epoca circolava a Dresda testualmente riportava: 

Mit dem Glauben an Entwicklung, an eine neue Generation der Schaffenden wie der Geniessenden rufen wir alle Jugend zusammen. Und als Jugend, die die Zukunft trägt, wollen wir uns Arm- und Lebensfreiheit verschaffen gegenüber den wohlangesessenen, älteren Kräften. Jeder gehört zu uns, der unmittelbar und unverfälscht wiedergibt, was ihn zum Schaffen drängt.

Pervasi dal desiderio di rivoluzionare le tecniche tradizionali dell'immagine, gli artisti Brücke ricercarono la pura espressione spostando il fulcro del  loro lavoro dalla rappresentazione realistica di ciò che l'occhio vedeva alla riproduzione di ciò che il soggetto sentiva. La base di ciò divenne quindi la comprensione spontanea e immediata dell' ambiente metropolitano e della campagna. Il rapido abbozzo di una posa naturale basata sul modello vivente costituì il punto di partenza del lavoro che culminò in uno stile collettivo caratterizzato da un linguaggio artistico fortemente ridotto all'essenziale per sottolineare l'espressione soggettiva diretta e non mascherata. Per mettere in scena forti stati emotivi, forma e colore attraversarono un processo di astrazione. Il colore, staccato dal modello naturale, fu portato a pura espressione, le forme semplificate, esagerate e alienate. Quando i nazisti tedeschi salirono al potere, le opere degli artisti del collettivo Brücke furono dichiarate "arte degenerata" e bandite da musei, vendute all'estero o pubblicamente bruciate. Stessa sorte toccò a Müllerben noto per le raffigurazioni di nudi soprattutto gitani. Dal 1919 al 1930, Müller si impegnò a dipingere gli zingari e il loro mondo. Visse anche con loro per un po' di tempo, ammirandone il modo di vivere che credeva in armonia con la natura incorrotta. Il portfolio gitano, che realizzò solo pochi anni prima della sua morte, è oggi considerato il culmine del suo lavoro artistico. I nudi femminili in vari paesaggi sono annoverati tra le migliori raffigurazioni di nudo del periodo. La semplificazione armoniosa di forma, colore e contorno, l'aspetto aggraziato delle figure, l' enfasi netta e spigolosa sulla silhouette definiscono il suo lavoro migliore.

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