Kierkegaard e il valore dell'esistenza

Nel numero 285 del giornale danese Il Corsaro pubblicato il 6 marzo del 1846, una caricatura satirica mostra Søren Kierkegaard (1813 - 1855), in quel periodo all'apice della sua popolarità locale,  al centro di un universo composto di stelle, oggetti di uso quotidiano, animali, persone, strutture importanti di Copenaghen e lo stesso sole. Questa caricatura è accompagnata da una didascalia salace che recita: "Ci sono momenti in cui le idee si confondono e si pensa che Nicola Copernico fosse uno sciocco quando sosteneva che la terra girasse intorno al sole. Al contrario, i cieli, il sole, i pianeti, la terra, l'Europa e Copenaghen ruotano attorno a Søren Kierkegaard, che sta in silenzio al centro e non si toglie nemmeno il cappello per l'onore che gli viene mostrato". Prima di questi eventi Il Corsaro non ha mai raffigurato spregevolmente Kierkegaard nelle sue pagine, anzi ha elogiato molte opere di Kierkegaard pubblicate con gli pseudonimi di  Victor Eremita e  Hilarius il Rilegatore in termini entusiastici, e il suo editore Meïr Aaron Goldschmidt (1819-1887) è un ammiratore dell' acuto spirito dialettico del filosofo danese. Cosa è successo? Il 22 dicembre del 1845, un  collaboratore del giornale scandaloso, l'autore e critico letterario Peder Ludvig  Møller (1814 - 1865) pubblica una critica sciatta di Stadi sul cammino della vita dato alle stampe da Hilarius il Rilegatore (alias Kierkegaard) nel 1845 come continuazione di Aut/Aut (1843). Sebbene l'articolo elogi Kierkegaard per la sua intelligenza e arguzia, lo accusa di scrivere in modo troppo personale e a tratti incoerente. Kierkegaard  pubblica due risposte sarcastiche che mirano a screditare la moralità di Møller e di Il Corsaro. Una di queste risposte si conclude con le parole: “Vorrei chiedere di essere satirato. L'umiliazione di essere immortalato da Il Corsaro è troppo da sopportare". Forse Kierkegaard immagina una lotta intellettuale con Goldschmidt e il suo vice Møller, ma sbaglia i calcoli.  Il Corsaro risponde a questa richiesta iniziando a prenderlo in giro per sei mesi continuativamente con una serie di umilianti caricature che lo mostrano come figura dalla schiena oscillante, persino gobba, con un naso aguzzo, un cappello alto, un bastone e gambe comicamente sottili, i cui pantaloni, più comicamente ancora, sono di lunghezza disuguale. Ridicolizzato, diffamato e deriso perfino tra le élite intellettuali per le sue gambe sottili, i suoi strani pantaloni, la sua bizzarra pettinatura a punta e il suo modo piuttosto pretenzioso di passeggiare per Copenaghen in un fervore di speculazioni teologiche, il maestro pensatore danese, che ha fatto di tutto per nascondersi dietro una marea di pseudonimi e personaggi biblici, è oggetto di beffe e scherni da parte della popolazione di Copenaghen ovunque vada.  Le cose vanno così male che il suo sarto gli consiglia di trovare un altro posto dove comprare i suoi vestiti perché i discorsi negativi sui pantaloni che ha fatto per Kierkegaard stanno danneggiando la reputazione della sua attività. Eppure la caricatura e la didascalia a cui si è fatto riferimento a inizio articolo comprende esattamente il contributo più grande che Kierkegaard ha lasciato alla filosofia occidentale: affermare che ogni esistenza è il centro dell'universo. "Ora, se assumiamo che il pensiero astratto sia la più alta manifestazione dell'attività umana, ne consegue che la filosofia e i filosofi abbandonano con orgoglio l'esistenza, lasciando il resto di noi ad affrontare il peggio" . il "centro di gravità" di Kierkegaard  è una domanda: "Qualcuno qui sa cosa significa essere umano, cosa significa essere nel mondo, esistere?" Kierkegaard suggerisce che ogni persona s'interroghi sul significato della propria esistenza, che nasce dal rapporto con il sé. "Le persone del nostro tempo, a causa di tanta conoscenza, hanno dimenticato cosa significa esistere" scrive Kierkegaard sostenendo che la conoscenza può essere una distrazione dalla questione del significato della nostra esistenza, e che se ci fermiamo a riflettere sugli scopi della conoscenza e concludiamo che dovrebbe essere perseguita al fine di migliorare la vita umana, siamo comunque ricondotti alla domanda su cosa significhi questa vita e perché sia importante. A distanza di più di un secolo e mezzo dalla morte di Kierkegaard questa accusa è ancora pertinente. L'aumento della conoscenza ha favorito lo sviluppo tecnologico e l'avvento della cultura dei mass-media in un sovraccarico di dati e informazioni a portata di mano. La vertigine di tale progresso, nonostante tutti i vantaggi che comporta, ha danneggiato gli aspetti etici e spirituali dell'esistenza umana. Che cosa significa esistere? Dove sono? Cosa significa dire: il mondo? Come sono stato coinvolto in questa grande impresa chiamata realtà? A chi devo rivolgere il mio reclamo? Queste sono le stesse domande su cui insiste Kierkegaard, immediate e urgenti per ogni essere umano perché hanno un impatto diretto sulle scelte su come vivere.



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