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Il filosofo dell’angoscia: cosa possiamo imparare oggi da Kierkegaard

Il filosofo dell’angoscia: cosa possiamo imparare oggi da Kierkegaard

In un’epoca in cui l’ansia e l’incertezza sembrano dominare le nostre giornate, rileggere Sören Kierkegaard significa riscoprire un pensatore che ha avuto il coraggio di guardare in faccia la sofferenza umana. Il filosofo danese, vissuto nell’Ottocento, non si è limitato a scrivere di angoscia: l’ha vissuta, analizzata e trasformata in una via per comprendere la libertà e la fede. La sua filosofia nasce dal dolore, ma non si ferma al dolore — invita ognuno di noi a confrontarsi con la propria interiorità per trovare, proprio lì, un senso più autentico dell’esistenza.




Sören Kierkegaard aveva sperimentato molte sofferenze nella sua vita relativamente breve. All'età di 25 anni aveva perso in rapida successione entrambi i genitori e cinque dei suoi sei fratelli. Poiché la sua salute era stata sempre cagionevole, credeva che non sarebbe vissuto a lungo, e sentiva che una maledizione gravava sulla sua famiglia dopo aver scoperto che suo padre, da bambino, aveva maledetto Dio per la povertà e le sofferenze vissute.

Oltre a questo, le sue tendenze alla malinconia, al senso di colpa e all'ansia, insieme alle difficili relazioni con il padre e con la sua ex fidanzata Regine Olsen, gli diedero una comprensione profonda e personale di vari tipi di dolore psicologico. Kierkegaard non era un semplice osservatore dell’animo umano: viveva in prima persona le contraddizioni e le paure che poi analizzava nei suoi scritti.

Doveva essere lui stesso costantemente in ansia, se nel suo libro Il concetto dell’angoscia (1844) non solo ne analizza la natura, ma descrive anche come sia possibile attraversarla e superarla. Il suo talento speciale consiste proprio in questo: trasformare la propria esperienza interiore in una riflessione universale, utilizzando la vita privata come punto di partenza per comprendere i grandi dilemmi dell’esistenza.

Piuttosto che evitare o negare la sofferenza, Kierkegaard era insolitamente disposto ad affrontarla e indagarla. Per lui, l’angoscia non era una malattia da estirpare, ma una condizione inevitabile della libertà umana. Quando ci rendiamo conto di poter scegliere — e quindi anche di poter sbagliare — nasce in noi l’angoscia, quel turbamento profondo che ci accompagna di fronte all’infinito delle possibilità.

 Il coraggio di guardarsi dentro

Il concetto dell’angoscia, pur essendo stato scritto in soli quattro mesi, è un’opera densa e complessa, piena di intuizioni brillanti e definizioni precise. Non è un libro facile: gioca brutti scherzi a chi non ha familiarità con il linguaggio e con la profondità del pensiero kierkegaardiano. Eppure, dietro ogni pagina si nasconde un invito diretto al lettore: avere il coraggio di guardarsi dentro.

In quest’opera, Kierkegaard parte da un principio latino che riassume la sua visione psicologica ed esistenziale:
“Unum noris, omnes”, ovvero “Se ne conosci uno, li conosci tutti.”
Il senso è chiaro: se riesci ad entrare davvero in te stesso, senza filtri né paure, e descrivere onestamente ciò che trovi, allora conoscerai ogni essere umano. Ciò che è più intimo è anche ciò che è più universale.

Per questo, Kierkegaard scelse di scrivere sotto lo pseudonimo di Vigilius Haufniensis, “il guardiano notturno di Copenaghen”. Come una sentinella silenziosa, egli osserva l’animo umano nelle sue ore più buie, scrutando le strade deserte della coscienza e dell’angoscia.

 L’angoscia come possibilità

A differenza di molti pensatori del suo tempo, Kierkegaard non considera l’angoscia un male da fuggire, ma una possibilità. È l’emozione che ci rivela la nostra libertà: siamo liberi di scegliere, ma anche di fallire. L’angoscia, dunque, è la vertigine della libertà.
Nessuno può evitarla del tutto, perché essa è la condizione stessa del nostro essere umani.

Ma in questa vertigine — dice Kierkegaard — si nasconde anche la nostra salvezza. Solo chi accetta di affrontare l’angoscia può scoprire il senso della propria esistenza. È l’angoscia, non la sua assenza, che ci costringe a decidere chi siamo.

 Una lezione per l’uomo moderno

Che cosa possiamo imparare oggi da tutto questo?
Viviamo in un tempo in cui l’ansia è vista come un nemico da eliminare, da sedare con distrazioni, intrattenimento o consumo. Kierkegaard, invece, ci propone un’altra via: non fuggire dall’angoscia, ma ascoltarla.
Essa è la voce interiore che ci ricorda che siamo vivi, liberi, e quindi responsabili delle nostre scelte.

Il pensatore danese ci invita a non cercare sollievo immediato, ma profondità. La sofferenza, se accolta e compresa, può diventare un mezzo per conoscersi davvero. Invece di temere l’angoscia, possiamo imparare a vederla come una maestra silenziosa che ci guida verso una vita più autentica.

Conclusione

Sören Kierkegaard non fu un filosofo “da cattedra”, ma un uomo che fece della propria angoscia un cammino spirituale e intellettuale. La sua voce risuona ancora oggi perché parla di ciò che tutti noi, in fondo, sperimentiamo: la paura di vivere, ma anche il desiderio di farlo fino in fondo.

Forse la vera lezione del “filosofo dell’angoscia” è questa: non possiamo eliminare la sofferenza, ma possiamo imparare a trasformarla in consapevolezza. E in un mondo che ci invita costantemente a evitare il dolore, Kierkegaard ci ricorda che solo attraversandolo possiamo davvero capire chi siamo.

E tu, come vivi la tua angoscia?
La eviti, la nascondi o provi ad ascoltarla?
Forse, come suggeriva Kierkegaard, proprio in quel momento di smarrimento si nasconde la possibilità di diventare davvero te stesso e trasformare l'angoscia in consapevolezza
.

 Sören Kierkegaard in breve

·         Nascita: 5 maggio 1813, Copenaghen

·         Morte: 11 novembre 1855, Copenaghen

·         Professione: Filosofo, teologo e scrittore danese

·         Opere principali: 

  • Aut-Aut (1843),
  • Timore e tremore (1843), 
  • Il concetto dell’angoscia (1844), 
  • La malattia mortale (1849)

·         Temi chiave:

  •  Angoscia, libertà, fede, scelta, autenticità

·         Influenza: Considerato il precursore dell’esistenzialismo, ha ispirato filosofi come Heidegger, Sartre e Camus.


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